Eppure non riescono a essere del tutto nella storia. Perché anche se ogni presente è presentabile, le ondate femministe che sono sfociate lo scorso 8 marzo in Italia nei cortei programmati dal movimento “Non Una Di Meno” riempiono le trincee di una non contemporaneità; restando fuori dal tempo, o comunque fuori dallo spazio. Sembrano riappropriarsi di una storia che non gli appartiene per riempire, quasi egoisticamente, un presente a cui vogliono appartenere. Un femminismo egocentrico, come l’attualizzato fascismo, ripescato dal passato e che si accomoda in un tempo inadatto a contenerlo. Gli slogan urlati “Se il lavoro è molesto, molestiamo il lavoro” “Se non te la do non te la prendere” “La nonna partigiana ce l’ha insegnato: il vero nemico è il patriarcato”, Asia Argento, gli striscioni, l’hashtag #wetoogether sembrano il canovaccio di una “Commedia della Storia”. Più che la storia in sé. Una militanza contemporanea che ha bisogno di nutrirsi, come in un rito, di quel femminismo che rende le donne ancora più femmine. E che, paradossalmente, amplifica quel pallido maschilismo che il tempo sta naturalmente affievolendo. Quindi questi cortei rosa in realtà servono ai maschi per sentirsi più maschi. Una rinvigorita testosteronica utile alla mascolinità. “Non Una Di Meno, in fondo, è una grande danza collettiva in cui ognuno trova il suo passo in una direzione comune: inseguire il proprio desiderio per essere vive e felici” sostiene Carlotta Cossutta, attivista di “Non Una Di Meno” a Milano. Una danza collettiva e sovvertiva di genere che, per ballare a tempo, dovrebbe convogliare problematiche femminili globali (tra le altre infibulazione, sfruttamento della prostituzione, sfruttamento della prostituzione minorile, matrimoni combinati e sfruttamento sessuale in culture tribali antropologicamente legate a codici ancestrali). Allora sì che femminismo, storia, contemporaneità si riapproprierebbero di uno spazio e di un tempo giusto; riuniti nella lotta per abbattere quelle frontiere anti- modernità che deviano un’umana direzione (di genere) comune (e universale). Ma quel presente, rivolto al futuro, batte le retrovie. E allora costruiscono la storia, rivolta al passato, trincerandola in strabiche rivoluzioni che rendono meno contemporanea la nostra contemporaneità. “Ciò che è vivo o ciò che morto di noi” (giusto per scomodare Hegel, Croce e Gramsci) rispetto a Asia Argento e alle sue battaglie ci investe di un femminismo ben poco contemporaneo. Donne, trinceriamoci!
Stefania Bozzo
Cronaca
16:56 | 22/01/2018 - Riccione