Salvador Dalì coglieva nel dipinto “Ofelia”, dell’artista preraffaellita John Everett Millais (in mostra a Milano fino al 6 ottobre nell’esposizione “Preraffaelliti. Amore e desiderio”), un “fragrante surrealismo”; non proprio quello a cui aspirava quel gruppo di giovani pittori che nella Londra di metà Ottocento inneggiava ad una rivoluzione artistica, ispirandosi all’arte italiana prerinascimentale. I personaggi amati e rappresentati erano, ad esempio, Dante, Beatrice, Francesca da Rimini, Lucrezia Tornabuoni; tale corporazione infatti guardava al passato, al Medioevo. Forse la modalità con cui sprigionavano il loro fervore creativo era un po’ surrealista; si spingevano oltre la realtà pur di arrivare ad un risultato
meticoloso ed incredibilmente nostalgico. Per dipingere la famosa “Ofelia” Millais ha fisicamente collocato la modella (e pittrice) Elizabeth Siddal nella vasca da bagno di casa, con acqua non sempre riscaldata, causandole un peggioramento delle sue già precarie condizioni di salute. Ma la modella, anch’essa artista, aveva la stessa vocazione preraffaellita, la stessa tenacia nell’arrivare a rappresentare una bellezza che poteva solo attingere ad antiche storie. E quel fascino medievale veniva rivendicato per contrastare quell’arte accademica che non riconoscevano. Usavano il passato per creare qualcosa di “nuovo”, tornavano alla natura per distanziarsi dall’affollamento di una metropoli che non poteva essere la loro fonte di ispirazione. Erano giovani e ambiziosi, volevano ripulire quel “nuovo mondo” per tornare alla purezza delle allegorie e alla linearità di mondi semplici. Ci sono riusciti, creando a tutti gli effetti uno spazio moderno nell’arte dell’800 attraverso la fragranza dell’antico. E sicuramente per i contemporanei tale modernizzazione della storia doveva avere un che di surreale.
Stefania Bozzo