I Terrapiattisti, riunitesi a Palermo il 12 maggio per un convegno intitolato “Terra piatta-Tutta la verità”, riversano nei loro simposi quello che l’artista James Ensor (1860-1949) riversa nei suoi dipinti. I fantasmi di qualche ossessione che trovano protagonismo e forma. Al pittore belga la natura non interessa, la tiene come sfondo, la usa per narrare o alludere a grandi avvenimenti miracolosi, religiosi o mitologici. Vincolato ad una società borghese che odia, nelle interminabili e noiose giornate passate nella sua città Natale che non abbandonerà mai (Ostenda), le maschere si sostituiscono alle persone. Sovverte tutto. E’ un epica del contrasto che vede la società come un’accozzaglia di morti inconsapevoli nascosti da maschere che incontrano la morte, con lo scopo di coprirne l’orrore. Ed è un intrigo inestricabile quello di James Ensor. E anche quando descrive un tramonto, cercando di calcare con l’impressionismo, non riesce a convincere che la natura sia la sua ispirazione. Il suo cruccio, da ricco e introverso borghese, è una esplicita spinta alla disumanizzazione. Immobile, a Ostenda. E i Terrapiattisti, immobili a Palermo (o davanti a un blog catastrofista), non riescono a convincere nemmeno che la loro ispirazione abbia un carattere realmente rivolto verso il globo. Il loro cruccio non è la Terra piatta, che fa solo da sfondo …. È che praticamente ci vedono già tutti morti da vivi, ricoperti di maschere, agitati e trasportati dalla scienza ufficiale che vedono come un tetro carnevale. La loro ispirazione è praticamente il memento mori della società. Che poi James Ensor gli darebbe pure ragione.
Stefania Bozzo