“I contenuti del Dpcm dell’11 marzo mi fanno davvero arrabbiare. Quello annunciato come il provvedimento forte che avrebbe chiuso tutto tranne i servizi essenziali nei fatti invece è rimasto incompiuto. È arrivato il momento delle misure draconiane, decise, intransigenti, anche impopolari, ma comunque forti. Anche se la maggioranza delle persone inizia a capire che deve stare in casa, c’è ancora troppa gente per strada, troppa gente che approfitta delle maglie larghe e non fa il bene della comunità. E con questo atto nella sostanza rimane tutto come prima, o quasi. In pratica da oggi si obbligano a chiudere solamente pubblici esercizi, gli artigiani del food e i negozi di abbigliamento e accessori, quelli che di fatto stavano già autonomamente abbassando le serrande per senso di responsabilità personale. Lavoratori di profumerie, lavanderie regolarmente dietro al bancone, trasporti garantiti, fabbriche attive, imprese edili, operai e artigiani al lavoro. Dove sarebbero i beni di prima necessità? Mi sarei aspettato da parte del governo un intervento ben più deciso e incisivo. In questo modo le persone continuano a girare, i lavoratori continuano a recarsi sul posto di lavoro e vengono a contatto con altre persone. In questa situazione di estrema difficoltà, in cui determinati tipi di aziende sono chiuse già da tre settimane, altre da qualche giorno, perché una misura così lieve? Capiamo l’attenzione alle attività produttive che devono mantenere il proprio mercato e tener fede alle commesse in essere, ma se si chiede un grandissimo sacrificio lo si deve chiedere a tutti. Lo scopo è uscire in fretta da questa situazione drammatica, debellare il virus e tornare il prima possibile alla normalità per rimettere in piedi i cocci delle nostre attività. Il tempo mai come questa volta è prezioso: non si può perdere nemmeno un giorno in più. Per domani è atteso un provvedimento economico. Mi auguro che ci siano ampi spazi per attingere alla Cassa Integrazione in deroga e ai contributi a fondo perduto anche per le micro e piccole imprese, anche per le Partite Iva, anche per chi è da settimane senza incasso e non sa come fare fronte agli impegni. Le sedi della nostra Associazione sono chiuse fisicamente al pubblico, ma sono attivi i nostri canali telematici, telefono e mail, sono stati presi letteralmente d’assalto dalle richieste di informazioni sulle disposizioni in atto, ma soprattutto sulle modalità di attivazione delle misure di sostegno. Possiamo assicurare che i nostri servizi a supporto delle imprese non verranno mai meno. Ma molte piccole aziende hanno già superato il limite di sopportazione: bisogna fare presto”.
Gianni Indino presidente Confcommercio della provincia di Rimini