Però il governo non può essere così sfacciatamente una Commedia dell’Arte. E questa riflessione va oltre qualsiasi preferenza di partito. Cari governatori, si distinguono le maschere e si intuiscono i canovacci. E’ riapparso in scena pure l’Arlecchino toscano. E il governo non può nemmeno essere una Commedia del Cinema. “Quando capisci che i tuoi amici potrebbero essere i tuoi peggiori nemici, e viceversa” (Puerto Escondido, Gabriele Salvatores). Si è palesato in scena il partito di Abatantuono? Il rischio è che durante la proiezione gli italiani alimentino il desiderio di scappare il più velocemente possibile in un Puerto Lontano. La coerenza non può recitare, può solo andare al voto. Che atto è un governo giallo-rosso? Il rischio di perdere non è nel canovaccio? Ma dovrebbe esserci, per tutti, nessuno escluso, siamo una democrazia. Gli spettatori italici dovrebbero essere i registi. Certo, si stanno a forza appassionando alla trama, ed evidentemente possono lasciar trapelare l’impressione di lasciare libero sfogo all’improvvisazione degli attori. Ma anche il regista più tollerante, ad un certo punto della proiezione, comincia a sbraitare nervoso dalla platea. La Commedia di Arlecchino e Abatantuono è una commedia straordinaria, ma ad un certo punto finisce; non coincide con i tempi dello stato. Anche se in effetti i nemici si sono tramutati in amici, e viceversa, con gli stessi tempi di una rassegna teatrale. Arlecchino ha assimilato la consapevolezza di Abatantuono, e viceversa, in tempi veramente troppo rapidi. Il tempo di una granita, e tutti in platea per la
Commedia dell’Arte della politica italiana.
Stefania Bozzo