Noi tutti sappiamo che i due motori principali dell’economia italiana, sono l’export (su cui l’Europa ci offre molti vantaggi) e il turismo. In particolare quest’ultimo fattore non è stato tanto praticato negli ultimi mesi per via del lockdown e abbiamo visto come l’economia italiana ne abbia risentito non poco. Quindi secondo noi è inevitabile che bisogna ripartire da ciò che più ci caratterizza: il nostro patrimonio artistico, culturale ed enogastronomico (noi italiani abbiamo questa bella capacità di unire l’utile al dilettevole attraverso la cultura e l’enogastronomia). Ogni paesino qui in Italia ha una storia da raccontare e lo fa usando il passato, ciò che era; peccato che non sempre i resti delle epoche passate siano ben valorizzati, basta guardarsi attorno per capire che abbiamo un grande potenziale non del tutto sfruttato. Prendiamo ad esempio Verucchio; ai margini del paese (poco sopra la pieve romanica e ai piedi del museo archeologico) c’è una zona denominata borgo Sant’Antonio: in questo bellissimo agglomerato di case, si erge una bella chiesetta risalente al XIII secolo (quando in Europa dopo l’anno mille avvenne una grandissima ripresa economica dettata dal fatto che vi fu un grande aumento demografico) però tale edificio risulta chiuso al pubblico. Questa chiesa non è molto grande, ma secondo noi, anche per gli stessi abitanti del borgo, vedere un monumento che ha caratterizzato costantemente le vite dei propri avi, riaprire al pubblico, può significare non solo l’arrivo di turisti a popolare quelle vie silenziose, ma anche la riscoperta della propria identità; ciò non significa che Verucchio non abbia investito nella cultura, che anzi risulta uno dei pilastri fondanti del piccolo comune. Guardiamo allo stesso capoluogo di provincia, Rimini, che se fino a una decina di anni fa era “solo” una bella località balneare in cui venire a passare le vacanze per divertirsi in spiaggia o nelle discoteche, oggi ha pure riscoperto il suo passato, non solo attraverso i tanti libri scritti sulla sua storia ma anche con la riqualificazione di monumenti culturali, uno fra i tanti è il teatro Galli che, da un rudere, una ferita aperta nel centro storico di Rimini, è passato ad essere un vero e proprio punto di riferimento nonché simbolo della rinascita culturale riminese. Insomma, crediamo che il concetto sia chiaro: dobbiamo puntare tutto sulla cultura. Non diciamo che sia facile. Né tantomeno che la vittoria è assicurata. Ma affermiamo che dobbiamo provarci. Usiamo il noi perché credo che politica e cittadini debbano completarsi l’uno con l’altro: è sbagliato pensare che debbano fare tutto le istituzioni, che per carità, hanno un ruolo chiave nelle buona riuscita del paese, ma senza la collaborazione dei cittadini non si va da nessuna parte. Detto questo non neghiamo che dobbiamo aprirci anche altre strade oltre al turismo e alla cultura. Ci viene da pensare all’agricoltura e al primo settore in generale, che fortunatamente qui in Emilia Romagna sono già molto praticati (forse pure questa è la chiave sul successo romagnolo). Guardiamo alle nostre bellezze e ai lati positivi ora, per fare meglio in futuro.
Le 6000 sardine Rimini