Spezzatino, (citazione da vocabolario storico addì 1891): “Vivanda di carne tagliata a pezzetti, rosolata nel tegame con olio e burro e poi lasciata cuocere a fuoco lento con l'aggiunta di vino, spezie, e spesso anche di conserva di pomodoro, legumi e verdure (piselli, patate, carote, ecc…), tempo di cottura, minuti 90”.
Una ricetta storica, la cui tradizione l’ha mantenuta invariata negli anni. Chi non conosce lo “spezzatino”; forse il piatto in assoluto che rende al meglio il concetto di “tempo”. Ed è proprio il tempo che valorizza la squisitezza di questo piatto, rendendo la carne morbida, friabile e saporita. Sono nato nel 1966, parecchio dopo il 1891. La mia mamma, “la Lina” (doveroso da buon milanese precedere il nome proprio con l’articolo), faceva la parrucchiera. Il suo “hair salon”, ubicato a pochi metri dalla nostra abitazione, osservava i seguenti orari: 8-12,30- 13,30-e chi lo sa’… Ed è proprio in quei 60 minuti di pausa pranzo che, ogni mercoledì, la Lina, orgogliosa, preparava il suo proverbiale spezzatino. Alle 12,50 era pronto in tavola, e i commensali (io, mio papà e mia sorella), venivano serviti di tale prelibatezza. Nel piatto, una brodaglia rossastra dalla quale emergevano patate della consistenza di un iceberg. I bocconcini di carne potevano rimbalzare ed essere utilizzati in un campionato ufficiale di ping pong (negli anni ’70 il ministro degli esteri cinese Chou En-lai, ci contattò chiedendo una fornitura per i mondiali di categoria). A tavola regnava un silenzio monastico, mia sorellina osservava il piatto, papà mangiava senza far trasparire emozioni, mamma osservava tutti noi cercando di carpire consensi. Io, un mercoledì fatidico, davanti a un bocconcino e ad un principio di paresi mandibolare, mi permisi di esclamare: “mamma… non è tanto buono…”. Ricevetti in automatico una “scoppola” lanciata con la mano sinistra da mio papà, il quale m’intimò, a tempo zero, di chiedere scusa alla cuoca e di continuare a mangiare.
Sono passati un po’ di anni da quell’esperienza, ma, quando sento chef stellati del calibro di Cannavacciuolo e Barbieri, filosofeggiare supercazzole beh, mi rendo conto che hanno ragione. Quando cucini per qualcuno porti nel piatto le tue emozioni, i tuoi desideri, a prescindere dalle tue doti culinarie. Cucinare per qualcuno, anche nella quotidianità è un gesto d’amore, e come tale va’ rispettato, ammirato e apprezzato. Oggi la Lina ha più tempo per cimentarsi in avventure gastronomiche e, senza dubbio, lo spezzatino lo cucina decisamente meglio. Però ancora adesso, quando la mia mente ritorna a quelle gommose palline da ping pong, si riaccende nel mio essere, l’emozione di un sapore che ti accompagnerà per sempre.
Simone De Pietri
Opinioni
15:29 | 19/11/2017 - Rimini