Agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso mio babbo e lo zio Primo, ultimo dei figli di Michele e della Peppina Tonelli (Camson) decisero di investire e tornare alla terra: 28 ettari in quel di Passano, mutuo quarantennale all’1%, legge Quadrifoglio, Ministro dell’Agricoltura Amintore Fanfani da Pieve Santo Stefano, Valtiberina, Arezzo (che Dio lo abbia in gloria). Era l’Italia del boom economico, dell’Europa a sei, del mito Kennedyano, mentre i kompagni non mangiavano i bambini, ma i carri armati con la stella rossa erano già entrati a Budapest (1956) a dimostrazione della dittatura comunista. Torniamo alla terra come bene primario, investimento sicuro, fiducia nel futuro. La terra non tradisce, e la ruralità è un insieme di valori che rimangono nel tempo. In questa società liquida, come dice il filosofo, dove non si capisce una mazza ed è più facile coccolare un animale che prendersi cura di un familiare, è evidente che quando hai il pelo bianco e conosciuto come giri il mondo le tue certezze diventano granitiche, e neppure la goccia che scava la roccia può scalfirle. E allora ai miei amici impegnati a destra e a manca in campagna elettorale ricordo che il comune di Rimini è il comune agricolo più importante della provincia. Rimini e la Riviera sono una vetrina fondamentale dell’agroalimentare italiano. La regione Emilia –Romagna è leader a livello europeo con le sue eccellenze. La provincia di Rimini è un giacimento eno-gastronomico. Rimini & Co. ha più alberghi della Grecia e se ogni ospite acquistasse una bottiglia di vino locale le nostre aziende raddoppierebbero il fatturato e triplicherebbero il loro valore. Non perdetevi, a sinistra e a destra, nelle patacate ricordando che finita l’estate è finita anche la Rebola, ma c’è sempre il Sangiovese.
Rurali sempre
Enrico Santini