La didattica a distanza? Utile, ma da sola non basta.
Una sperimentazione da sola non può esaurire il tema della presenza della scuola nel mondo contemporaneo. La scuola è il fatto cardine di una società. Cammina nella e con la società, con i suoi cambiamenti. Anche con quelli tecnologici, didattici, pedagogici. C’è però uno strumento che, pur adeguandosi, dovrà rimanere imprescindibile, oggi, a settembre, per il futuro: la classe, l’aula.
L’insegnamento è molto di più di un passaggio di nozioni tecniche. E’ il luogo per antonomasia delle relazioni, della socialità, della trasmissione dei saperi e della condivisione delle emozioni. E’ il luogo che parla alla coscienza intima, formandola, dei bambini e dei ragazzi. Parla di facce e esperienze diverse, della necessità insopprimibile dell’ ‘insieme’ anziché del ‘singolo’. La classe non è solo un luogo di saperi, ma è soprattutto il contesto in cui i ragazzi iniziano a diventare cittadini. Dentro la scuola stanno le chiavi che aprono la vita e schiudono alla conoscenza dell’altro, della sua storia, della sua famiglia, del suo quartiere.
E’ con la classe che la scuola diventa scuola di vita. Le classi non sono solo quattro mura con dei banchi dentro. Sono i miei compagni, gli insegnanti, le mie paure e le mie gioie, sono relazioni attraverso cui mi specchio per crescere e maturare. Sarebbe possibile raggiungere gli stessi risultati, non tanto e non solo didattici, ma soprattutto esistenziali, rinunciando a questi rapporti? Io penso di no. Rimini è una città spesso ‘eccitata’ da attenzioni e dibattiti ciclici: le fogne, il turismo, la mobilità, i parcheggi, gli eventi. Ma, nel silenzio, nel tempo, pianta dopo pianta, è cresciuta una piccola grande ‘foresta di sapere’. Dal 2011 in avanti non è passato anno in cui Rimini non abbia realizzato una nuova scuola: lo abbiamo considerato un investimento sulla persona, sulla famiglia, sulla comunità. La crescita individuale in conoscenza è la crescita collettiva in responsabilità e impegno per il bene comune.
In classe anche lo sguardo di un insegnante, il cenno di intesa con un compagno, anche una discussione diventano occasione di crescita comunitaria. Ognuno ha i propri aneddoti, i propri ricordi delle sue classi e, guarda caso, sono proprio questi momenti informali che ricordiamo più e meglio di qualsiasi versione di latino, equazioni matematiche o poesie imparate a memoria e sviscerate in ore di lezioni. In classe lo studio individuale diventa sapere condiviso, è così che diventiamo cittadini maturi di una comunità. Per questo è necessario riportare in classe i nostri ragazzi appena possibile, da settembre. Il rischio è quello di penalizzare ulteriormente, e sempre più gravemente, una generazione che si sta già caricando il peso più difficile e angosciante di questa emergenza sanitaria. Non possiamo permetterlo. Non possiamo ‘perdere’ una generazione come educazione, didattica, conoscenza, pensando che chat e videoconferenze esauriscano il ruolo e i compiti di una scuola, cardine della società.
Attenzione, la mia non è una critica allo sforzo con cui migliaia di insegnanti sono riusciti a tenere il contatto con i loro alunni in modo straordinario, superando difficoltà inedite con impegno e creatività. A loro, che irrorano la radice robusta della scuola italiana, va il mio più sentito e sincero ringraziamento per quello che stanno facendo per superare le difficoltà legate all’emergenza sanitaria, mantenendo comunque saldo il filo della conoscenza. Ma è proprio nelle difficoltà che vanno rinforzate le fondamenta, ovvero quelle basi su cui si fonda la società stessa che, dall’antichità ad oggi, trovano nella scuola e nella condivisione del sapere il punto di volta più solido e duraturo.
La presenza e la tecnologia devono coesistere in una scuola moderna, in cui il contatto e la relazione tra persone restano fondamentali. Pur con tutte le difficoltà e le incertezze di questa fase, Rimini vuole tornare a investire su questo, a partire dai centri estivi per poi giungere alla ripartenza di settembre.
Andrea Gnassi sindaco di Rimini