Il bottone si accontenta di poco, non è ambizioso ma può essere fastoso, sta al principe e al plebeo, sta alla moda ma anche no. Si posa in pace, ha una sua dignità. Leon Battista Alberti nel suo “Muscae Encomium” esalta la vita piena di virtù delle mosche, ma anche quella del bottone è una vita degna di rispetto! “Buto Encomium”. Il bottone nella storia è come la mosca nell’arte; magari c’è e non si nota ma una volta scoperto si trasforma in un’ipnotica fonte d’ispirazione. E visitare il Museo dei Bottoni a Santarcangelo di Romagna, articolato in funziona dell’epoca e suddiviso in tre settori tematici, significa convincersi che l’intera storia della moda senza bottoni sarebbe stata meno storiograficamente beata. Il potere incantatore di questi piccoli oggetti svela l’imprevedibile coraggio di esserci senza farsi troppo notare, per poi manifestarsi fra quelle stanze in un coro che ci burla con la sua improvvisa rumorosa visibilità. Nel primo settore del museo è orchestrata la storia del bottone con 180 quadri (dai modelli stravaganti della bell’epoque, passando per i “bottoni gioiello” degli anni ’60, fino a quelli più classici degli anni ’80), nel secondo settore sono presentati i materiali e nel terzo settore aleggiano le più svariate curiosità (come ad esempio i bottoni del ‘700- ‘800 dove compare il figlio di Napoleone). Dopo la visita al museo di Santarcangelo nulla sarà più come prima. “Buto Encomium”. Lo cercherete ovunque. Incessantemente. In ogni outfit. E con la convinzione che da qualche parte sia certamente nascosto, scruterete ovunque,
seviziando gli sguardi. Un irrefrenabile e schizofrenico gaudio v’investirà nel constatare che l’effimero mondo dei bottoni in realtà gode di una propria radicata e appariscente vita. E se non siete pronti a cotanto sconvolgimento, mi raccomando, siate cauti con le visite.
Stefania Bozzo