Secondo l’antica ideologia greca della Kalokagathia le virtù di un uomo si manifestavano proprio nella bellezza di un corpo, la perfezione estetica coincideva con la bellezza spirituale e il valore sociale. E Dürer, nel suo “Autoritratto con pelliccia”, creando se stesso a sua immagine, da prova della sua grandezza. Si fa specchio per trasmetterci anche quella vivida intelligenza che lo contraddistingue, un’immersione totale nella sua esistenza. “La natura lo aveva dotato di un fisico notevole per struttura e portamento, il quale, come conviene, si adattava appieno alla grandezza di spirito che racchiudeva”. E’ così che l’umanista tedesco Joachim Camerarius descriveva l’aspetto dell’artista. Una natura generosa, alla quale il grato pittore riconsegna un’anima intrisa nella realtà e mai idealizzata. Perché l’anima del paesaggio düreriano si limita a essere descritta attraverso la vivacità di quegli occhi ammirabili nei suoi celebri autoritratti. E se Leonardo da Vinci nel suo Libro di Pittura definisce la figura del pittore come “nipote di Dio”, gli occhi di Dürer sono gli occhi terreni del nipote più affidabile. “Chi vuole fare qualche cosa perfetta, non deve togliere niente alla natura e non deve sostituirvi niente di contrario alla natura stessa” (Quattro libri sulla proporzione umana, A. Dürer). Con un tecnicismo e un approccio verista talmente rimbombante (che irritava non poco il noto critico Roberto Longhi) da essere esprimibile anche nel tratteggio e nell’assenza del colore. Il pittore è stato incontestabilmente apprezzato anche come incisore e una tiratura delle celebri stamperie lorenesi Di Archettas di una sua famosa xilografia, “La Sacra Famiglia con le tre lepri” è ammirabile fino al 29 settembre a Saludecio. Le vivaci lepri appaiono alla base dell’opera e contribuiscono a contornare la monumentalità delle figure (Maria su una panca che sorregge Gesù Bambino e di lato San Giuseppe) insieme ai minuziosi elementi vegetali, il paesaggio che si delinea sullo sfondo, gli angeli che reggono la corona. E anche se rifacendosi all’Antico Testamento (Lv 11 e Dt 14, 3-20) la lepre era considerata come un animale impuro, i ruminanti düreriani immersi in un contesto del Quattrocento germanico non sembrano preoccuparsene. Consegnandosi al più affidabile fra i nipoti di Dio, continuano a nutrirsi di quella profonda natura che rappresentano.
Stefania Bozzo
Opinioni
15:12 | 25/03/2018 - Dall'Italia