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Opinioni 15:18 | 02/11/2018 - Rimini

“I numeri della desertificazione dei centri storici sono impietosi"

Credo sia abbastanza evidente quanto sta accadendo nelle nostre città e nelle nostre province in termini di perdita di pubblici esercizi e di attività commerciali. Si sta verificando una lenta e inesorabile, per non dire spietata, desertificazione dei centri storici, dei borghi e dei quartieri da parte di piccole attività produttive quali i negozi di vicinato e artigianali. Basta leggere gli articoli di giornale di questi ultimi mesi (senza chiedere di documentarsi con i report inviati dalle Camere di Commercio), ove si riscontrano continui necrologi di negozi anche storici che hanno chiuso o che chiuderanno entro la fine di questo 2018.

Parlando e confrontandomi con più esercenti, si rilevano le stesse criticità da diversi anni: affitti elevati, svendite incessanti, temporary store e outlet che minano la leale concorrenza, tasse vessatorie, sempre meno parcheggi nei centri storici. I dati, mio malgrado, confermano quanto sopra, basti pensare che negli ultimi 5 anni in Italia abbiamo perso 267.000 negozi, ovvero circa 122 al giorno e oltre 500.000 addetti. Le chiusure dei negozi nella sola provincia di Rimini, dal 2011 al secondo trimestre 2018, sono state 1.544 e in altre province a minor vocazione turistica va anche peggio.

Chi non ha avuto contraccolpi negativi nel perdurare della crisi sono invece i centri commerciali, aumentati di 2.400 unità sul suolo nazionale con un guadagno di 7 miliari di Euro e i negozi in franchising, che spesso trovano affermazione proprio nella Gdo, che hanno realizzato un fatturato complessivo nel 2017 di oltre 24 miliardi di Euro, registrando una crescita +0,5%  rispetto al 2016.

Ci si dovrebbe interrogare sulle azioni da intraprendere, senza dimenticare che il futuro delle città non può prescindere dalla vitalità del commercio. Il rischio di desertificazione commerciale dei centri storici è un fenomeno che riduce la qualità della vita dei residenti e l’appeal turistico di ogni contesto urbano. Oltre a renderlo meno sicuro. In Italia ci sono 647mila negozi sfitti, con un calo demografico dei negozi a sede fissa del -14,9%.

È urgente una inversione di rotta da parte delle istituzioni tutte. Serve imbastire una  programmazione di politica economica verso il mondo del piccolo commercio, una programmazione di politica fiscale strutturata,  politiche attive sul lavoro e soprattutto, in modo immediato, andare ad abbassare le tasse locali.

Riteniamo una buona proposta quella avanzata da Federmoda che ha visto Asti e Chieti come prime province aderenti al progetto “Affitto rinegoziato” sottoscritto da associazione,  amministrazioni locali e Confidi. Chi aderisce al progetto potrà ottenere locali commerciali in affitto ad un prezzo al metro quadro molto favorevole, grazie all’impegno del proprietario immobiliare (che aderisce al progetto) a fare uno sconto del 20% (in un nuovo contratto 6+6) a fronte del vantaggio di ottenere una liquidità immediata del costo dell’affitto per una durata di due anni, rinunciando alla previsione di ulteriori garanzie (ad esempio fideiussione o deposito cauzionale), grazie ad un finanziamento agevolato concesso dalle banche e garantito dai Confidi. I Comuni, che aderiscono all’accordo attraverso l’Anci, concederanno particolari incentivi fiscali (Imu, Tasi, Tari, ecc…) ai proprietari immobiliari e agli imprenditori che hanno sottoscritto il nuovo contratto in base all’accordo.

Questi potrebbero essere alcuni suggerimenti e accorgimenti per le nostre giunte in Regione, visto l’epidemia di chiusure di esercizi commerciali in corso nei nostri comuni. Uccidendo i negozi si uccide il turismo, uccidendo il turismo si uccide il Paese.

Giammaria Zanzini,  vicepresidente regionale di Ferdermoda – Confcommercio