Era il 1982, credo di ricordare. Ii ero giovanissimo, avevo 18 anni e avevo progettato un viaggio nei Paesi Arabi partendo dall’Egitto. Avevo prenotato un volo da Roma con la compagnia più economica disponibile in quel momento che si chiamava Somali Airlines. Arrivato in aeroporto, all’imbarco ho subito incontrato una famiglia composta da babbo, mamma e una ragazza, una biondina della mia età. Mi sono presto reso conto che i genitori erano molto preoccupati perché per la giovane era il primo viaggio. Quando mi videro, le dissero di stare vicino a me e ci dissero di fare il viaggio insieme. Già quindi all’imbarco ho conosciuto sia Ilaria Alpi sia la sua famiglia. Così abbiamo preso quel volo per Il Cairo che è stato una odissea perché l’aereo ha girato per due ore sopra la città, non abbiamo mai capito per quale ragione, ma di sicuro eravamo piuttosto preoccupati… la Compagnia era molto sgangherata, essendo la più economica! Per tutto il viaggio abbiamo conversato e ci siamo conosciuti, io le dissi del mio progetto di viaggio che era quello di visitare l’Egitto e poi di tornare a casa via terra, passando per Israele, Grecia e quindi Italia. Lei invece aveva vinto una borsa di studio per la lingua araba e andava in una scuola ortodossa di suore della capitale egiziana a fare un corso di alcuni mesi. Una volta sbarcati, ci siamo recati insieme a ritirare la valigia e naturalmente i bagagli non c’erano! Ci dissero subito che erano stati dirottati in Somalia e che li avremmo potuti recuperare dopo una settimana. Io non ero ancora un viaggiatore molto esperto, ne è dimostrazione il fatto che avevo lasciato tutti i soldi ben nascosti dentro la valigia. Quindi mi trovavo al Cairo, con qualche spiccio per una intera settimana, insomma mi trovavo in un gran casino. Allora Ilaria si offrì di prestarmi 100 dollari che le avrei restituito la settimana successiva nel momento del ritiro dei nostri bagagli. Dunque ci siamo incamminati verso il centro e mi sembra di ricordare di averla accompagnata fino alla scuola. Durante la settimana successiva, io comunque costretto a rimanere in città per mancanza di soldi, ci siamo sentiti ed una volta sono andato a trovarla. Finalmente giunto il giorno di ritirare i bagagli, ci siamo incontrati in aeroporto e fortunatamente i miei soldi erano ancora nello zaino! L’unica cosa che mi hanno fregato è stato un walkman, un particolare che mi ricordo bene perché mi sono fatto tutto il viaggio senza la musica. Dissi ad Ilaria che quella sera l’avrei invitata a cena e andammo in un quartiere molto bello e super popolato della Cairo araba che si chiama Khan el Khalili. La cena fu molto piacevole, Ilaria era una persona simpatica e alla mano, potemmo approfondire un pochino di più la nostra conoscenza, in maniera più rilassata visto che avevamo di nuovo tutte le nostre cose. All’uscita del ristorante ci accorgemmo che c’era un movimento di folla non normale e da lì a poco scoppiò un casino. Un fuggi fuggi generale di folla con migliaia di persone che si muovevano e letteralmente ti trasportavano via. Subito ci rendemmo conto del pericolo e io sono stato bravo perché ho preso la situazione in mano, forse perché abituato a muovermi nelle discoteche riminesi, presi Ilaria per la mano e cercando di agganciare un flusso gestibile, siamo riusciti a venirne fuori. Lo ricordo come una cosa non facile, durata per parecchi minuti. Alla fine, usciti dalla calca, ci siamo accorti che tutto il casino era dovuto ad una retata in corso da parte della polizia che aveva chiuso l’intero quartiere con tanto di camionette e assetto da guerra. Una volta salvi, io soddisfattissimo, siamo rimasti un altro po’ di tempo insieme e poi io sono tornato in albergo e Ilaria al convitto dove alloggiava. Ci siamo salutati con la promessa di rivederci il giorno dopo poiché io avevo in progetto di partire per il Sinai e volevo salutarla prima della partenza. Quella fu l’ultima volta che ci incontrammo. Ilaria purtroppo non l’ho più vista, solo una volta al telegiornale qualche anno dopo appresi che era diventata corrispondente di Rai tre per i Paesi Arabi. Mi ricordo che mi sentì molto felice per lei. Era quello che voleva fare e ce l’aveva fatta. Prima di scoprire l’oreficeria, la mia creatività la sfogavo nella fotografia. Da quando è successo quel che è successo ad Ilaria, mi sono spesso ritrovato a pensare che se fossi stato il suo fotografo, chissà, magari, così come fuori dalla calca del Cairo, l’avrei potuta portare in salvo dall’agguato che la uccise.
Roberto Fenzl (con la collaborazione di Roberta Sapio)