Ridurre al minimo le esperienze stressanti per i neonati e la separazione dai genitori e aiutarne lo sviluppo attraverso un’assistenza individualizzata. Ecco l’obiettivo del metodo NIDCAP (Newborn Individualized Developmental Care and Assessment Program), messo a punto per sostenere i piccoli e le loro famiglie durante e dopo il ricovero in terapia intensiva.
Mercoledì 20 marzo ricorre appunto la Giornata Mondiale NIDCAP con l’intento di promuovere questa forma di assistenza e per l’occasione all’ospedale di Rimini si è tenuto un momento celebrativo, alla presenza del Direttore del Distretto Mirco Tamagnini, della direzione medico-infermieristica del presidio ospedaliero (Francesca Raggi e Cristina Fabbri), insieme all’assessore alle politiche alla salute del Comune di Rimini, Kristian Gianfreda, e al presidente dell’associazione di volontariato La Prima Coccola, Alessandro Marchi.
In un toccante video alcuni bambini hanno portato la loro testimonianza sul che cosa è NIDCAP. Giovanni, ricoverato in terapia intensiva neonatale sin dalla nascita per una grave malformazione chiamata ernia diaframmatica, racconta che, tramite NIDCAP, i suoi genitori hanno potuto restare sempre al suo fianco in reparto, cogliere i suoi segnali e prendersi cura di lui insieme ai medici e agli infermieri. Mia, una bimba ricoverata in terapia intensiva neonatale per prematurità e con la mamma lontana perché a sua volta ricoverata in neurochirurgia a Cesena per un’emorragia cerebrale, risponde che quando era “piccolina piccolina” mediante NIDCAP il papà veniva aiutato a stare accanto lei e gli infermieri osservavano ogni giorno i suoi progressi e li scrivevano su un diario per la mamma, che così ha potuto conoscere le sue prime conquiste per la vita. Grazie all'approccio NIDCAP, Federico, da tutti chiamato affettuosamente Chicco, è in grado di sfogliare un album in cui ripercorre tante tappe del suo sviluppo, dal ricovero in terapia intensiva, alla prima volta che mamma e papà lo hanno preso in braccio a quella volta in cui è venuta a trovarlo la sorellina o a quando gli hanno regalato il primo ciuccio, finché è andato finalmente a casa. Elia ed Andrea, a cui le mamme hanno raccontato la dolcezza della “marsupioterapia”, trovano ancora quella pace tra le braccia materne.
“Curare secondo il metodo NIDCAP vuol dire mettere in atto, con tutta l’equipe, un programma di cura individualizzato per il neonato allo scopo di proteggerne lo sviluppo, soprattutto quello neurologico – ha spiegato la dottoressa Gina Ancora, direttrice del Centro di formazione NIDCAP di Rimini - L’individualizzazione dell’assistenza al neonato, persona non in grado di esprimersi a parole, è resa possibile attraverso l’osservazione strutturata ed esperta del ricco repertorio di segnali comportamentali presenti anche nei piccolissimi, il tutto in un’ottica di Family Centered Care. Negli ultimi 13 anni, insieme alla direzione e all’equipe medico-infermieristica del presidio di Rimini, abbiamo portato in questo territorio quello che è unanimemente riconosciuto come il miglior approccio di cura al mondo per questi neonati, che richiede un percorso di formazione di quasi tre anni. Poi abbiamo deciso di portare il centro di formazione a Rimini e da luglio 2021 siamo diventati centro training NIDCAP per l’azienda, ora compiamo un ulteriore passo con l’offerta di formazione a livello nazionale, uno dei due centri in tutta Italia”.
“La giornata mondiale NIDCAP celebra tutti coloro che contribuiscono a migliorare il futuro dei neonati ospedalizzati - racconta Natascia Simeone, una delle due trainer italiane che lavora nella terapia intensiva dell’Ospedale di Rimini - attraverso una cura personalizzata, umanizzata, in collaborazione con le famiglie, basata su un approccio scientifico. Si tratta di una cura fornita in 5 continenti, 18 paesi, 30 centri di formazione, ma che fa sentire la sua influenza su tante terapie intensive neonatali: in Italia stiamo formando e formeremo personale che lavora nei principali reparti di terapia intensiva, tra cui Treviso e Bologna. Ci troviamo ad assistere piccolissime creature di 600-700 grammi e fondamentale per noi operatori è imparare ad osservare quelli che sono i messaggi del loro corpo: il colorito di alcune parti, le espressioni del viso, i movimenti quasi impercettibili di occhi e dita delle mani e dei piedi”. Proprio nell’ottica di affiancare le famiglie è stato ideato il Treno verso casa, fra l’altro scelto per essere inserito in un documento nazionale in fase di elaborazione. “Si compone di tre vagoni, uno rosso a identificare l’erogazione di cure più intensive, uno giallo per le cure intermedie e uno verde per le cure minime, quello più vicino alla locomotiva che rappresenta la casa. E in ciascun vagone sono presenti quattro finestre, con le voci respiro, alimentazione, crescita e temperatura, dove i genitori nel corso dei colloqui periodici previsti pongono le stelline per i progressi rispetto alle singole voci”.