“Di tutto quello che si dirà - in queste ore, in questi giorni, per sempre - di Sergio Zavoli forse passerà inosservato un fatto apparentemente locale: Rimini è la sua patria. Lo è stata in vita per affetti, lavoro, amicizie, passioni. Lo sarà ancor più da ora in avanti. Questa mattina, con parole delicate e precise, la famiglia mi ha trasmesso il desiderio di Sergio “essere riportato a Rimini e riposare accanto a Federico”.
Ma l’eccezionalità di questa vita, che ha attraversato quasi un secolo di Storia italiana, dando voce inconfondibile all’anima e alle anime di questo Paese, sta forse nell’idea stessa del viaggio, parola che ricorre spesso nei titoli dei suoi celebri programmi televisivi. Un viaggio lungo e straordinario iniziato ‘per l’anagrafe’ a Ravenna, il 21 settembre 1923. Quasi 50 anni dopo, il 30 settembre 1972, all’atto della consegna della cittadinanza onoraria, l’allora sindaco di Rimini Nicky Pagliarani chiosò: ‘E’ stato leggendo il suo ultimo libro che l’occhio è caduto sulla breve biografia dalla quale risulta che Sergio Zavoli sarebbe nato a Ravenna. Dico ‘sarebbe nato’ perché il primo impulso è stato quello di credere che si trattasse di un errore di stampa, tanto mi sembra impossibile che non fosse riminese”. Secondo Pagliarani la cittadinanza onoraria doveva legittimare ‘una situazione di fatto’ e riparare a una ‘ingiustizia nei confronti di Zavoli stesso e di quanti lo avevano creduto riminese’. Non paia una forzatura. Sul finale di un suo racconto, Zavoli aveva scritto, narrando di un viaggio col padre a Ravenna: ‘Poi mi prese un bisogno struggente di tornare a casa, di tornare a Rimini. Arrivando, avrei detto a mio padre: ‘Io sto meglio qui, perché la casa …è dove si cresce con il padre e dove il padre ci lega ai giorni e alla vita…’.
La realtà, che sconfina con la leggenda (perché, in questo caso, è la stessa cosa), vuole che del giovane Zavoli si accorse un delegato Rai, di passaggio a Rimini, che ne udì la voce durante la radiocronaca di una partita di calcio tra Rimini e Ravenna. Di lì il viaggio prese la direzione del grande giornalismo, con inchieste e programmi televisivi ancora nella memoria degli italiani per curiosità, profondità, capacità di raccontare la Storia partendo dalle piccole storie della gente comune. Gli ‘umili’ per citare Alessandro Manzoni. Ed è perfino commovente ricordare il ruolo che ebbe nell’unire linguisticamente e moralmente il Paese nel dopoguerra attraverso il suo italiano perfetto, la sua rigorosa scansione dei fatti, la sua voce calda e magistrale narrando via via le vicende di suore di clausura, di gregari ciclistici in fuga terrorizzati dall’arrivo del gruppo (molti anni prima di Wenders e de ‘La paura del portiere prima del calcio di rigore’), di terroristi prigionieri di se stessi e delle loro idee assurde prima che di un carcere. Zavoli diede parola agli ‘ordinary people’ e ai grandi peccatori, chiamandoli sul palco a mostrare e a rendere conto delle paure, delle fragilità, dei sogni che intanto erano quelli di un Paese in un continuo saliscendi tra rinascite e crisi drammatiche. Era la s-provincializzazione del giornalismo italiano da parte di un volto e una voce che entrarono nella case degli italiani con educazione, facendosi presto considerare ‘uno di famiglia’.
Durante l’avventura umana, Sergio Zavoli incontrò la sua compagnia. L’amico di tutta una vita: Federico Fellini, con cui condivideva sogni, paure e speranze, di gente della provincia che, nella loro opera e nella loro intelligenza, vedeva riconoscersi il mondo. Poi Tonino Guerra, Titta. Ci sentivamo spesso. Ci vedevamo con un piccolo gruppo di amici qua a Rimini per un piatto di tagliatelle o qualche pesciolino. Non nascondo di essere particolarmente addolorato, triste, per questa scomparsa, avendo nel cuore di Sergio questo personale impasto di amicizia paterna, vera e rispettosa, mai esclusivamente assorbito dal racconto dei ricordi ma invece pieno della voglia di guardare al futuro. Fino all’ultimo. Non più tardi di due anni fa, quando venne a Rimini a presentare il suo libro ‘La strategia dell’ombra’, e poi ancora in altre occasioni, facevamo tardi a parlare di Rimini, di come potesse stare meglio con se stessa e nel mondo. Ad esempio partendo dal museo dedicato a Federico che, come avevamo sognato, non doveva essere un sacrario o un semplice omaggio alla memoria ma uno spazio della città che di Fellini assumesse la chiave magica del sogno. Conservo il suono indelebile, dolce, intenso, intriso di comprensione dell’altro e di umanità, della sua voce. Quella voce che mi volle leggere la dedica sul suo ultimo libro: ‘Ad Andrea, che ha dato a Rimini un nuovo destino, aperto a tante idee’. E ancora la gioia mista a lacrime e orgoglio della e per la sua terra quando presentammo alla Casa del Cinema a Roma, il progetto del Museo Internazionale Federico Fellini. Sognato insieme. Nel 2003 e nel 2013 Rimini ha festeggiato i suoi 80 e 90 anni con cerimonie pubbliche che aveva apprezzato perché ‘qui sono sempre tra gli amici’. Riminese tra riminesi, il viaggio ritorna oggi alla sua città. E il richiamo non è solo a Fellini e al suo Moraldo.
Nel racconto, accennato più sopra, del cammino fatto col padre, Zavoli scriveva che a Rimini un giorno sarebbe tornato ‘…per stare, perché bisogna morire a casa, sentendo i rumori della tua strada, sapendo che da quella finestra entra odore di mare, contando le ore sui suoni e le luci che sono trascorse intorno a te dall’infanzia, quasi udendo le voci che stagnano nel bar, essendo vivo fino alla fine, insomma sino a quando non senti che queste cose ti lasciano amichevolmente morire’.
Lo aveva scritto tanti anni fa. E lo ha fatto. Ci ha chiesto di potere riposare per sempre accanto all’amico Federico. Per proseguire insieme il viaggio. Per ridere, scherzare. Per raccontare. Per dare suono comprensibile all’anima, anzi alle anime dei grandi e degli umili, dei potenti e degli indifesi, di chi aspetta solo che gli si dia voce uscendo per un giorno dall’anonimato. Tutti trattati allo stesso modo, con rigore e allo stesso tempo facendo prevalere la curiosità per l’essere umano e i suoi misteri, la sua impronta allo stesso unica e esemplare. Ma, prima di tutto, ascoltando.
Il Comune di Rimini, in accordo con le volontà della famiglia, onorerà al meglio la memoria di Sergio Zavoli con iniziative che saranno comunicate successivamente".
Andrea Gnassi sindaco di Rimini