Le spiegazioni e le motivazioni, se ci possono essere di fronte ad una tragedia del genere, sono state affidate ad un biglietto di poche righe lasciato ai familiari. Una mamma malata, in cura per la depressione e quindi seguita da un medico, certamente devastata a livello psicologico, ha preso in braccio suo figlio e si è buttata nel vuoto da un'altezza di 5 piani decidendo di togliersi la vita, togliendola anche al suo bambino di 6 anni che l'aveva seguita fino a sopra quella palazzina di via delle Piante a Rimini.
Nella zona, di fronte alla chiesa ortodossa delle Celle, dalla parte opposta della filiale della Banca Malatestiana, vivono tante famiglie. E' un quartiere residenziale dove abitano anche i familiari di questa poveretta, 40 anni, sofferente e devastata nella psiche oltreché nella coscienza. Cercare oggi le motivazioni, che è poi quello che tutti stanno cercando di fare, non ha molto senso. Chi conosceva questa famiglia di Viserba, chi aveva in cura la donna, chi avrebbe dovuto fare in modo che non si arrivasse a tutto questo, ora sarà dilaniato dai pensieri e dai rimorsi.
Oggi Rimini deve vivere il giorno di festa della Notte Rosa, ma - ci chiediamo - ha senso festeggiare quando invece il silenzio, il dolore e la riflessione dovrebbero avere il sopravvento su tutti? Perché non fermarsi? Cosa c'è più tragico di una mamma e di un figlio morti in questo modo atroce e sconvolgente? Non ci sono risposte, non hanno risposte. Meglio il silenzio. La grande macchina del divertimento non può e non deve venire arrestata dallo strazio e dal dolore di una comunità intera. E' sempre stato e sempre sarà così, purtroppo. E sapete cosa c'è di più assurdo, ora? La caccia alle streghe, l'affanno di cercare il colpevole o i colpevoli, pretendere di avere risposte e spiegazioni che non possono esserci se non in una mente malata e corrosa che in questa donna aveva sviluppato il suo disegno suicida volendo peraltro rimanere attaccata a suo figlio fino alla fine. Fino alla morte.