Ci sono luoghi che non possono e non devono cambiare, perché sono il paradigma dell’evoluzione di un intero paese, della sua gente, covata, cresciuta e nutrita nel grembo della terra e della fede.
Valliano, nel comune di Montescudo-Montecolombo, è uno di questi. La notizia del giorno arriva dal Comitato di Valliano, un gruppo di volontariche per 40 anni ha seguito, gestito e curato il Santuario prima ed il Museo della Civiltà contadina poi. Ora la Diocesi di Rimini, adducendo motivazioni spiegate in una lettera dell'economo don Manduchi, ha detto basta.
"Fin da piccoli - è stata la reazione del Cmitato - il nostro punto d’incontro non è stato il bar, ma la nostra chiesa, una piccola chiesa di campagna dedicata a Santa Maria Succurrente, una Madonna con i capelli veri e gli abiti donati e cuciti dalle fedeli del paese. Sui vent’anni, nel 1980 per la precisione, non essendoci più un parroco in loco e un crescente stato di abbandono, decidemmo di formare un gruppo per prenderci cura della chiesa e continuare le tradizioni cristiane da sempre molto radicate e sentite (in primis l’antica festa della Madonna che si celebra il 15 di agosto). Fin da subito l’intento è stato recepito, crescendo negli anni di notorietà, coinvolgimento e partecipazione alle nostre iniziative. Questo ci ha spinto a continuare e celebrare anche altre feste della tradizione cristiana del luogo. Ogni introito (tutto trasparentemente documentato e dato in visione ai parroci che si sono succeduti e alla Curia) è stato investito nel bene della parrocchia e del Santuario. Si sono acquistati innanzitutto ampi spazi limitrofi per salvaguardare, dare respiro e abbellire il luogo. Si è proceduto al restauro della chiesa esterna che ne aveva più bisogno, quello del campanile quasi pericolante, poi della chiesa interna dove sono tornati a splendere affreschi quattrocenteschi bellissimi che celebrano la maternità di Maria, molti dei quali coperti e deturpati dal tempo e dagli uomini. E’ venuto alla luce sotto il pavimento in graniglia quello originale in mattoni e il perimetro di un sacello medievale su mura addirittura di epoca romana, a testimonianza di una grande antica fede professata e radicata in questo luogo. Tutto ciò - si precisa - grazie a qualche finanziamento pubblico, ma soprattutto al volontariato e alla passione di chi si è speso senza riserve, dedicando il proprio tempo, il proprio lavoro e anche i propri risparmi, nel progetto di questo piccolo gioiello, e mantenere intatta la bellezza di questo luogo Mariano. Infine si è proceduto al restauro della canonica, dove in comune accordo con l’amministrazione e la Curia, è nato il Museo Etnografico della Civiltà Contadina del territorio, unendo così le radici della fede a quelle della gente, in un luogo di memoria unico e suggestivo. E’ infatti visitato, oltre che da gruppi di adulti, da tante scolaresche che scoprono un luogo pieno di opportunità dove si può conoscere, sapere, pregare, imparare, giocare e capire. Abbiamo così rispolverato per questi giovani, iniziative per coinvolgerli, come la mietitura a mano di una volta, la trebbiatura, le visite agli attrezzi, i giochi antichi, e per ultimo la “gara delle caratelle” per farli tornare a pensare con la propria testa e creare con le proprie mani. Dando vita a una comunità viva e pulsante nella quale ci ritrovavamo coinvolti e realizzati perché vedevamo vivere, crescere, e continuare i valori che ci avevano insegnato, indispensabili al corpo, all’anima, e alla vita di ogni persona, come la volontà di adottare tre bambini a distanza per oltre vent’anni. Tutto questo - e arriviamo al punto dolente - fino a quando, qualche anno fa, venne spostato il parroco della vicina parrocchia di Montescudo, circoscrizione della quale facciamo parte, ed iniziarono i problemi. Con il nuovo parroco non si è mai potuto entrare in sintonia, in collaborazione. E’ venuta a mancare la sinergia che per quarant’anni c’era stata con gli altri parroci, i quali condividevano le iniziative appoggiandoci in un cammino di fede, di comunione e di crescita continua. Nonostante le difficoltà siamo andati avanti, cercando altri parroci e diaconi per celebrare le Sante Messe, le altre funzioni, cerimonie, e feste comandate (solo l’anno scorso il Santuario è stato scelto da 20 coppie per celebrare il loro matrimonio, e si sono svolti diversi battesimi). Ma 42 anni di lavoro e passione che hanno reso quel luogo trasandato al piccolo giardino di oggi, non sono serviti a niente. Non si è riusciti a trovare una soluzione (nessuno è riuscito, o ha provato a trovarla). L’Economato della Curia ha inviato una lettera che è per noi come una sentenza. Così a fine 2022 abbiamo consegnato le chiavi. Il Santuario forse chiuderà, non immaginiamo chi possa continuare a prendersi cura di questo luogo amato. Chi farà le pulizie, chi porterà i fiori e li innaffierà, ripulirà le ragnatele, passerà lo straccio, o farà il Presepe a Natale e le altre iniziative (la festa del 15 agosto, quella di San Pietro, di Sant’Antonio, la Candelora). Chi porterà l’acqua o il vino, chi suonerà le campane, chi guarderà se gli abiti o i paramenti sono puliti e stirati, le candele finite da sostituire o andare a comprare, chi accenderà il riscaldamento o aprirà le finestre. Tutto questo ci riempie di profonda tristezza e delusione. Per questo abbiamo scritto una lettera al Santo Padre, per manifestare il nostro dispiacere e metterlo a conoscenza di questa situazione. Noi vogliamo credere che quel bene che ci hanno insegnato e nel quale siamo cresciuti, continui ad esistere. Vogliamo credere che chi si prodiga per gli altri, per aggregare e coinvolgere in una comunione di pace e fratellanza sia nel giusto e non nel torto. Che la serenità serva a ritrovare i confini persi, quelli che scindono il bene dal male, la fede dalla prevaricazione, la carità dall’egoismo. Che quel cammino iniziato tanto tempo fa - si conclude - abbia lasciato un segno e una traccia verso il prossimo e la fede, quella fede e quella condivisione nella quale siamo cresciuti, sperando possa continuare a vivere e coinvolgere e si tramandi a chi verrà dopo di noi".