Gestivano bar e hotel sulla spiaggia nascondendosi dietro prestanome e facevano pressioni sulla concorrenza spacciandosi per appartenenti alla 'Ndrangheta. Li ha scoperti la Guardia di Finanza di Rimini in collaborazione con quella di Cosenza e Taranto, al termine di un'inchiesta che ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di 8 persone, tutte di origine calabrese trasferitesi sulla riviera romagnola per lavoro, accusate a vario titolo di estorsione, detenzione e porto illegale di arma da sparo oltre che per intestazione fittizia di beni.
I militari hanno accertato che gli 8 avevano la gestione, attraverso prestanomi, di cinque hotel, un chiringuito e una società operante nel settore degli allestimenti fieristici a Rimini, Forlì-Cesena e Siena. La procura ha anche disposto il sequestro delle quote sociali e dei beni aziendali di sei società e una ventina di perquisizioni domiciliari.
"La forte propensione turistica della provincia di Rimini, specie nel settore turistico-ricettivo visto che nella provincia di Rimini sono presenti la metà degli esercizi alberghieri disponibili di tutta la Regione Emilia-Romagna, ha da sempre catalizzato l'attenzione di gruppi criminali, connessi e non alla criminalità organizzata". Così Alessandro Coscarelli, comandante provinciale della Guardia di finanza di Rimini, ha commentato l'operazione Popilia. "Questi gruppi possono approfittare della mancanza di associazioni delinquenziali locali e dell'inesistenza di un predominio autoctono nelle attività illecite - ha aggiunto - L'attenzione da parte della Guardia di Finanza è sempre alta, sia mediante autonome analisi di contesto, sia all'interno dei gruppi interforze locali che operano sotto la direzione della Prefettura e della Procura della Repubblica, sia, come nel caso di questa operazione, nell'approfondire con grande attenzione le denunce che pervengono da parte di cittadini e lavoratori. Nell'operazione Popilia si è partiti dalla denuncia di un lavoratore che non era stato pagato ed era stato minacciato con un'arma da fuoco per imporgli il silenzio, arrivando dopo un'approfondita indagine a svelare sei società tutte intestate a prestanomi ma di fatto riconducibili a soggetti pregiudicati, che non risparmiavano il ricorso alla violenza e alle minacce per non onorare le obbligazioni commerciali".