"Quello mio e di mia figlia Alua fu un rapimento". Alma Shalabayeva (nella foto Ansa), la moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov espulsa dall'Italia, messa su un aereo e rispedita in Kazakistan, conferma in tribunale a Perugia la sua versione di quanto accadde quel 31 maggio del 2013. La donna è stata sentita dal Gip Carla Giangamboni con la formula dell'incidente probatorio nell'udienza sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura nei confronti di 11 persone, accusate a vario titolo di sequestro di persona e falso: l'allora capo della squadra mobile di Roma e attuale questore di Palermo Renato Cortese, l'allora capo dell' ufficio immigrazione di Roma e attuale questore di Rimini Maurizio Improta, il giudice di pace Stefania Lavore, cinque poliziotti e tre funzionari dell'ambasciata kazaka di Roma. "La signora Shalabayeva - ha detto l'avvocato Astolfo D'Amato - ha confermato la sua versione, punto per punto". L'udienza riprenderà il 30 maggio, quando toccherà alle difese.
Cronaca
10:48 | 10/01/2018 - Rimini