“Trasformare il dolore in consapevolezza profonda e pace interiore”(Ed. Pendragon) è l’ultimo libro di Franco Nanetti, psicologo, psicoterapeuta, counselor clinico e docente presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Urbino.
Franco Nanetti presenterà il suo volume,in collegamento, domenica 27 febbraio alle 17 all’Hotel Villa Adriatica di Rimini(viale Vespucci, 3) nell’ambito della rassegna “A spasso con i libri”, promossa da Lions Club Rimini Host e Associazione Itaca e condotta da Carla Amadori. Limite di 30 presenze con Green Pass rafforzato e mascherina FFP2. Ingresso gratuito su prenotazione a [email protected]. Aperitivo conclusivo, su prenotazione, al costo di 10 euro. La presentazione sarà trasmessa in diretta sulla pagina Facebook Lions Club Rimini Host.
“Quando proposi questo titolo all’editore gli dissi: “non vorrei che generasse fraintendimenti”; non va riferito ai cardiologi, ma a tutti coloro che vogliono affrancarsi da una situazione di impasse, di intensa sofferenza, di dolore, perché immersi in un trauma che non si estingue– racconta l’autore-.Come si esce da una situazione di intenso dolore legata a un trauma del passato, a una perdita o a un momento in cui ci siamo trovati nell’impotenza, nell’impossibilità di non soffrire? Se ne esce con l’apertura del cuore: finché rimaniamo nel risentimento non riusciremo a superare il dolore. Dove c’è un sentimento di chiusura, di risentimento, maturiamo un atteggiamento quasi paranoico in cui rimaniamo chiusi in noi stessi. Non si cambia attraverso le tecniche, ma in tutte le circostanze in cui adottiamo un atteggiamento biofilo, in cui troviamo uno spazio per amare la vita. Ed è qui che i nostri problemi trovano soluzione. Si guarda la vita e la si ama per quello che è, anche se ci ha dato sofferenza. Bisogna amare anche la sofferenza, senza crogiolarsi in essa”.
Esistono due tipi di sofferenza.“C’è una sofferenza causata da malattia, morte, situazioni negative, e una sofferenza che creiamo sulla sofferenza stessa: questo rimuginare nella sofferenza. C’è un proverbio che dice: quello che non insegna la saggezza te lo insegna la sofferenza. Perché nella sofferenza sono contenuti degli insegnamenti. Se non capiamo questo concetto diventiamo lamentosi. Occorre liberarsi della sofferenza superflua, di quel rimuginio mentale che ci pone al cospetto della sofferenza con intransigenza, come se volessimo annientarla. Diceva Goethe: dobbiamo amare la vita perché la vita non ci appartiene, ma appartiene alla natura, che crea e uccide piante, uomini, animali e dei. La sofferenza c’è nella vita e noi l’accettiamo perché la vita è anche sofferenza, dolore che emerge nella vita ma che possiamo trasformare in un’esperienza di vita. La guarigione del cuore è la possibilità di affrancarci da antiche ferite per costruire un nuovo destino. E per costruire questo nuovo destino occorre darsi tutto il tempo possibile e immaginabile per tornare ad amare la vita. Nel qui ed ora i nostri traumi si scongelano e ci si apre a un sentimento più ampio dell’essere della vita, senza trovarci relegati nel trauma che si vive.
Quante persone hanno subito profonde ingiustizie e a causa di quelle ingiustizie sono morte, perché si sono ammalate! Hanno preso quell’ingiustizia, quel momento difficile, come qualcosa di inaccettabile. Tutto ciò che sperimentiamo come inaccettabile è causa di malattia. Ci troviamo impotenti e nell’impotenza ci ammaliamo. Occorre coltivare la gioia nonostante la sofferenza”.
La guarigione inizia dall’apertura di cuore. “Tutto si fonda sull’apertura di cuore: è l’incipit, l’epifania della guarigione. In cinquant’anni che faccio questo lavoro non ho mai conosciuto una persona che, imprigionata nel risentimento, sia guarita dalla sofferenza superflua: il rimuginare, il riflettere, il sentimento di vendicarsi non permettono di superarla”.
E si entra nel tema del perdono.“Non si deve perdonare perché l’altro possa in qualche modo sentirsi fortificato dall’esperienza del nostro perdono, ma perché perdonando ci sentiamo meglio noi. Un maestro esseno si rivolse a una persona malata chiedendole non da quanto tempo fosse ammalata, ma chi non aveva perdonato. Molte malattie sono l’effetto e la conseguenza della nostra incapacità di perdonare. Perdonare è l’atto più significativo nel quale si compie l’esperienza della guarigione del cuore. Se non c’è guarigione del cuore è come se i nostri sentimenti fossero imprigionati, rimaniamo ancorati al passato. Nella Bibbia sta scritto: amate i vostri nemici. Non perché così staranno bene i nemici, ma per noi, è lì che avviene la guarigione. Nel mio volume ci sono anche elementi di ispirazione cristiana. Cito il profeta Ezechiele: tutto ciò che vi porterà alla terra che vi rigenera avverrà grazie alla capacità di trasformare il cuore di pietra in un cuore di carne. Certo che non è facile. Credo che in questo libro si concentri la più grande aspettativa di un essere umano per la guarigione profonda, che passa attraverso l’apertura del cuore. Per Nelson Mandela, 29 anni di carcere, la strada è stata questa. Thich Nhat Hanh ha avuto gravi impedimenti fisici, è stato torturato in carcere, ma il suo cuore non si è mai chiuso alla compassione”.
Non solo teoria nel libro di Franco Nanetti.“Io ho rigetto di tutti i libri che sono elaborate riflessioni teoriche. Nel mio volume ci sono anche esercizi e riflessioni che possono aiutarci a percorrere questa strada che porta all’apertura del cuore e al perdono. In questi anni sono stato operato due volte al cuore, se tu mi chiedi come sto io ti rispondo: “sono sereno”. Nonostante o forse a causa dei miei successi accademici, confesso che oggi sono sereno. Il mio impegno è stato sempre orientato alla mia apertura di cuore, sono guarito anche attraverso la compassione. Come il cardiologo che ti opera, anche tu puoi fare un’operazione importante per la tua vita. Tutte le persone, anche di grande valore, che nella vita non sono entrate nella compassione del cuore hanno pagato un prezzo altissimo”.
Perdonare non solo gli altri, ma anche se stessi.“Penso che il fulcro della capacità di aprire veramente il cuore in un amore che si estenda a tutto e a tutti nasca dall’esperienza del perdonare e del perdonarsi: perdonarsi per gli errori che abbiamo fatto. Amarsi, perché Dio ci ama. Perdonare vuol dire che noi siamo inciampati, come noi anche l’altro può inciampare, spesso non c’era da parte sua la volontà di ferirci, ma è accaduto. L’altro spesso è attore di un progetto inconsapevole: si trova ad essere il burattino di una regia, come catapultato in una trama che non conosce fino in fondo. Si perdona quando noi siamo consapevoli che l’altro soffre quanto noi. Anche se noi vediamo l’altro come un nemico che ci fa del male, quando entriamo nel sentimento della compassione vediamo che dentro di lui c’è una sofferenza che non ha saputo gestire, affrontare, trasformare. Noi, per esempio, non perdoniamo i genitori perché non vediamo che loro piangono. Vediamo solo noi stessi sul piedistallo della sofferenza, non vediamo le lacrime che hanno versato da quando erano bambini. Questo vale anche nelle coppie. Se potessimo comprendere il dolore altrui non avremmo nessuna rivendicazione da fare. I genitori ci hanno dato la vita, come possiamo non amarli?! Talvolta gli errori commessi sono grandi, ma sono stati causati da una sofferenza che li ha ingabbiati, e in questa gabbia di sofferenza siamo caduti anche noi. Stephen Levine scriveva: noi non dobbiamo condannare Narciso, dobbiamo aiutare anche lui ad andare in paradiso”.