Il Paradiso deve essere per forza un posto dove si precipita; un salto in mondo altro che ci accoglie ripuliti da quello che noi chiamiamo destino. Perché il fato lì non deve essere concepito. Il Paradiso deve essere per forza un posto dove non piove mai, perché neanche il cielo lì ha motivi per piangere. Un salto in un mondo altro dove i vuoti della miseria umana vengono colmati non lasciando spazi di sorte perché con Dio il tempo deve essere fisso. E deve riflettere una luce pazzesca e vibrante, che il 14 agosto deve aver avvolto anche tutte le vittime di Genova, lasciandoci soli con la nostra pioggia, nel buio delle nostre sorti e delle nostre colpe. In un tempo umano che non procede sempre rettilineo ma che a volte crolla, come i nostri ponti. Le innocenti vittime di Genova devono aver per forza saltato nella luce di un tempo che le ha innalzate, mentre noi, da qui, cadiamo nel logorio di un destino che comunque ci incementa. Il Paradiso deve essere per forza un posto senza cemento e macerie. Uno spazio sempre verde e soleggiato dove quei bambini e quei ragazzi giocano ancora felici perché lì deve essere fisso anche il Ferragosto. Il Paradiso deve essere per forza un posto in alto anche se ci si cade dentro; perché solo scavalcando le nuvole si può toccare la limpidezza del Creato. E a noi, qui in basso, non ci resta che il pianto di un tempo fisso nel dolore. Perché la pioggia qui è solo nostra.
Stefania Bozzo
Opinioni
11:01 | 28/04/2018 - Dal Mondo