Anche se la nave Aquarius non è la “zattera della Medusa”, la maggior parte dell’opposizione è Gericault. Il famoso pittore ottocentesco ha scelto scrupolosamente di rappresentare nel suo primo dipinto una tragedia di forte risonanza internazionale, il naufragio della fregata francese Meduse, per indirizzare la curiosità di un vasto pubblico sulla sua figura artistica. Una sciagura del mare dove nei primi dell’’800 “tutta la società era a bordo di quella zattera” (Jules Michelet). A distanza di cento anni a bordo di Aquarius ci sono saliti la Boldrini, molti vescovi, Saviano, molti giornalisti, la Casale (per sommariamente citarne qualcuno) ma giusto il tempo per disegnarla, cercando di diventare essi stessi gli eroi di un umanesimo che gioca a chi ha l’anima più grande. E anche se tale scelta salviniana è un chiaro richiamo all’attenzione della commissione europea e soprattutto “nessuno vuole fare morire nessuno”, le simbologie estreme diventano necessarie per arrivare alla massima esaltazione della coscienza. Un umanesimo tanto più distaccato nel suo esasperato coinvolgimento che si approccia agli eventi drammatici col cinismo di chi esalta il problema dell’uomo, mettendolo in secondo piano. Un umanesimo distorto. Perché al primo posto c’è la sostanza spirituale che potrebbe tranquillamente gareggiare anche in un “Mare di ghiaccio” (Caspar David Friedrich, olio su tela, 1823-1924), privo di eroi, in un umanesimo negativo, tanto la loro impostata umana bontà sarebbe arrivata lo stesso, anche lì. I “Gericault”, che hanno tratteggiato quella nave a immagine e somiglianza del disegno delle loro ricalcate intenzioni, hanno inevitabilmente regalato al nuovo governo la più preziosa delle pubblicità. Quella negativa, si sa, è sempre la più efficace. Il prezzo della loro coscienza.
Stefania Bozzo
Opinioni
12:49 | 11/06/2018 - Rimini