Più che il Presidente degli Stati uniti d’America, Donald Trump sembra una Perpetua. Se gli togli la cravatta rossa, la giacca scura, la spilla americana sul taschino e gli fai indossare abiti più morbidi e floreali riesci ad immaginarlo seduto su una panchina, a braccia consorte, in qualche viuzzola, intento a sborbottare con un po’ di comari. E sono facilmente decifrabili dal labiale anche i suoi pettegolezzi. Un giorno parla del gioco del Monopoli considerando come sarebbe vincente comprarsi la carta della Groenlandia, un giorno lascia la tattica per dar libero sfogo ai suoi più basilari istinti facendo allusioni poco eleganti sulle coppie omossessuali o forestiere che gli passano davanti, un giorno s’incazza con le altre comari in quanto nella sua visione peccano di protagonismo. Lui è il capo di tutte le Perpetue, americane e non. Ieri, per esempio, era il giorno dell’Italia e di Giuseppi Conte (o Giuseppe, è uguale). Evidentemente la Perpetua Trump ha visto nel nostro ex Presidente del Consiglio (o futuro, è uguale) una figura che potrebbe tranquillamente sedergli accanto. E’ facilmente decifrabile il labiale delle lodi, visto che lo ha anche twittato, ma lo si può anche immaginare mentre gli fa spazio nella panchina. Lo invita ad accomodarsi con la boccuccia a cuore, sapendo di aver trovato una buona spalla italiana con cui sborbottare su tutto. Le lodi della Perpetua a Conte sono tutte indirizzate verso la sua versatilità. Perché se gli togli la cravatta blu, la giacca scura, il fazzoletto bianco dal taschino e gli fai indossare abiti giallo-rossi riesci comunque ad immaginarlo, seduto su una panchina, a braccia consorte, in qualche viuzzola, intento a sborbottare con un po’ di comari.
Stefania Bozzo