Monet, il pittore più rappresentativo della sensibilità impressionista, deve essere sembrato ai contemporanei un pochino insensato. Per cogliere l’impressione della luce che cadeva sulla facciata ad esempio, nel celebre dipinto “la Cattedrale di Rouen”, deve essersi appollaiato davanti alla chiesa francese per minimo 15 ore per vederne mutare lentamente il volto. Visto che l’artista non era interessato a celebrare stilisticamente il gotico, né tanto meno alla città di Rouen, la scelta di un soggetto pressochè inutile (come lo erano le ninfe o il ponte giapponese) e il pavoneggiarsi sulla capacità di impressionarsi di fronte a cose apparentemente insignificanti devono per forza aver perplesso i passanti. L’emozione che varia in base alla luce, nella stessa posizione, in diverse ore del giorno sarà sicuramente stata scambiata dai testimoni per la frenesia di un perditempo. E il culturista 25enne di Cesena, che in una serata balorda qualsiasi ha sfasciato il pronto soccorso del Bufalini distruggendo strumentazioni mediche e arredi, non sarà Monet ma l’impressione è che si sia fatto trasportare da un repentino cambio d’emozione. La sua luce: una ragazza che non conosceva portata in ospedale a causa di un piccolo malore, dopo una nottata in discoteca. Evidentemente il ragazzo si era appollaiato nel locale per ore per osservarla. Ne deve avere per forza scrutato il volto mutevole, identificandola come il soggetto del suo idillio. Un’intuizione emotiva che spiega il suo grido disperato che faceva a pugni con l’ambulanza “Fermi! Ridatemela!”. Come se a Monet gli avessero tolto la luce dopo 15 ore di osservazione, immobile, nello stesso posto. L’avrebbe rincorsa e pretesa. E non sarà stato un culturista ma l’impressione è che si sarebbe fatto comunque trasportare da un repentino cambio d’emozione, secco sfasciando qualcosa.
Stefania Bozzo