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Opinioni 14:18 | 25/02/2019 - Dal Mondo

La notte degli Oscar è un rito dionisiaco

La notte degli Oscar è un rito dionisiaco perché riconduce degli eletti al loro stato primordiale. Diciamoci la verità, quella statuetta che ritrae un cavaliere con una spada in stile Art Deco sembra proprio un idolo cicladico e nell’adorazione cinematografica collettiva è in grado di creare un effetto mitopoietico. Non ha un valore parziale, ma assoluto, perché in quella notte chi riesce ad afferrare l’idolo trasmette una irrefrenabile emozione da salvatore del mondo. Alzandolo viene sprigionata un’energia salvifica, un impeto assoluto, sacralità. E capire se l’arte candidata, scelta, premiata sia intrisa nel Pantheon Movie più divino è uno sforzo inutile. Ma la notte degli Oscar è un copione che va preso per quello che è, dove non esiste il giusto o l’ingiusto? Sembra un rituale con un perimetro preciso, quasi dogmatico. Tutti devono credere nel valore dell’idolo. Se forse “Dio è morto” (Nietzsche), l’Oscar anche acciaccato tra una pubblicità e l’altra vive. E se “Tutti gli dei erano immortali “(Stanislaw Jerzy Lec), gli idoli continuano imperterriti a farsi rincorrere. Li creiamo continuamente, per catturarli. E nella notte americana più scintillante dell’anno il rapporto tra il premiato e la statuetta sembra spesso di inadeguata comprensione, di debole sinergia. Quando si uniscono ti sembra che stavano meglio separati. Ma nonostante ciò vige la spasmodica necessità di congiunzione. E in quel preciso contatto il Paganesimo prevale aprendo orizzonti più estesi: che l’Oscar esista non ha niente a che fare con il cinema ma nello stesso tempo ne diventa emblema assoluto. E’ uno stato primordiale dove l’idolo sacralizza il buono, scarta il brutto, nasconde il cattivo.

Stefania Bozzo