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Opinioni 11:31 | 23/05/2018 - Dal Mondo

Foto da un matrimonio. Le statue della famiglia reale inglese

Certo che l’attuale famiglia elisabettiana è più imbalsamata di quella vittoriana. E’ uscita la prima foto della famiglia reale inglese dopo il matrimonio di Meghan e Harry e l’impassibilità regna sovrana. L’inquietudine
statuaria. Se col famosissimo ritratto “Las Meninas” di Diego Velazquez, grazie al geniale estro prospettico del pittore, noi possiamo interagire ancora adesso con gli antichi reali spagnoli in quanto non attori di un quadro ma persone, la foto inglese post nozze è più statua del quadro. Le singole statue reali ci fissano immobili nel loro ruolo ben definito, nessuna ambiguità, non entriamo nel quadretto, nessun spazio indeterminato, la nostra presenza da spettatori non ha nessuna importanza. Loro, impassibili, esistono. Noi, un po’ meno. Eh si che nell’antecedente epoca vittoriana (1837,1901) l’immagine della famiglia reale britannica era decisamente più movimentata. Nel quadro “La regina Vittoria e la sua famiglia” del pittore tedesco Franz Xaver Winterhalter, noto ritrattista dell’aristocrazia europea ottocentesca, sono quasi tutti impegnati a distrarre la loro attenzione, umanizzando così i tratti dei personaggi. In quel caos reale riusciamo a raggiungere una definita equidistanza tra noi e loro perché loro sono un’istantanea fuori dal quadro e si avvicinano. Nella foto scattata da Alexi Lubomirski, nel salotto verde del castello dei Windsor, Filippo, la regina Elisabetta, Camilla, Carlo, il principe William, Kate sono pietrificati, induriti in un limbo lontano, impalpabili. Una composizione marmorea che li unisce nella loro lontananza su uno sfondo giallo verde che sembra voler ridare vita alla materia reale. O almeno ci prova. L’unica ribelle è la “paggetta” dai capelli d’oro seduta in prima fila davanti al principino George. Lo sguardo sfuggente di chi nel guardare altrove s’indirizza verso un punto fuori dalla composizione, una piccola principessa che c’è nella statuaria regale ma forse non ci voleva essere. Dai, una consolazione per noi che esistiamo, ma pur sempre un po’ meno.
Stefania Bozzo