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Opinioni 15:07 | 22/05/2019 - Rimini

Per gli Stati Uniti d'Europa: tre opzioni e una dichiarazione di voto

Una dichiarazione di voto e un piccolo ragionamento a voce alta, per motivare una scelta elettorale, se non perfetta, almeno “sostenibile” da chi ha una priorità… non permettere al nostro intero continente di rinnegare se stesso e la sua storia, umanistica e umanitaria. La decisione è riflettuta e dirla prima del voto serve per sfuggire a quella sottile ambiguità che potrebbe essere usata all’occorrenza (anche da me stessa coi miei compagni di sempre).
Non c’è da essere leggeri: il 26 maggio 2019 non si sceglie il governo italiano ma si configura il Parlamento Europeo al quale spettano per gli anni a venire fondamentali decisioni sopra le singole “patrie”. E io, da persona libera e laica, ambientalista e di sinistra, ho più opzioni: Più Europa, Verdi, Pd.
1. Credo da sempre negli Stati Uniti d’Europa, così come li pensava il Manifesto di Altiero Spinelli e co. Che non sono stati come i fondatori si aspettavano, per interessi degli stati membri e del lobbismo che permea Bruxelles. Tra coloro i quali ci credono maggiormente, lo dice la parola stessa, c’è appunto Più Europa che ho già votato alle elezioni politiche, nonostante non avesse neppure un accenno all’ambiente nel suo programma, ma il Pd non meritava la mia fiducia, aveva dato il peggio di sé: usando maldestramente il territorio con candidati eleggibili eterodiretti. Ora però Benedetto Della Vedova, che ben conosco, ne è diventato il leader e ne prevedo le mosse. Egli - contrapposto a Marco Cappato, un amico di sempre limpido combattente dei diritti civili - è purtroppo diventato leader di Più Europa per aver accettato pesanti compromessi e si muove comunque contro la sinistra, a prescindere. Emma Bonino conosce la scarsa stima che Marco Pannella (il nostro padre e mentore severo) aveva in lui, ma dà fiducia a chi è passato dai radicali a Fini e Berlusconi, non ricordo in quale ordine preciso. E in Europa sulle alleanze ci si muove sul filo del rasoio dei nazionalismi non democratici. Dunque via il primo.
2. I Verdi. Sono stata eletta sul territorio (nell’altro secolo) tra i Verdi Arcobaleno. Persone preparate e perbene che, una volta unite coi i Verdi del Sole che Ride hanno cominciato a gestire un po’ di potere e poi non lo sono state più perbene (alcune). Dimostrando plasticamente quanto possa essere sbagliato far diventare di un ideale comune, libero e sconfinato, un interesse di parte e di partito. La cultura della sostenibilità, la salute delle persone e della natura, sono categorie dello spirito e dell’intelletto che si devono tramutare in atti quotidiani, contaminare e divenire patrimonio di chiunque in ogni schieramento per lanciare quei segnali d’allarme da gruppo di opinione e di pressione assolutamente libero, capace di far riflettere e assumere decisioni non sottoposte a compromessi, clientele e lobbismo. Dunque via la seconda opzione, come ho recentemente confidato all’amico e candidato Marco Affronte, già parlamentare europeo.
3. Non resta che il Partito Democratico che dopo la prima sbornia di fiducia in Matteo Renzi, di cui ho condiviso tratti politici essenziali ma non i metodi, ha subìto un salutare ridimensionamento. Apprezzo il popolo dem, la commistione delle sue differenti provenienze: Pci e derivati con Margherita. Più i vecchi dei nuovi a dire la verità, ma deve essere un gap generazionale, più le persone semplici di chi rincorre tra i giovani la politica come carriera, non valutando essenziali cultura e conoscenza: del territorio, di governo, dell’impegno al servizio della comunità, anziché delle preferenze. Mi piace Zingaretti, sta lavorando con cautela per ricucire un tessuto sociale lacerato al suo interno, una terapia slow che mi pare stia funzionando. In Europa occorre la forza dei numeri di un partito strutturato anche nelle alleanze internazionali e con esponenti preparati e colti con le qualità necessarie per contrastare la prepotenza degli stati membri più protezionisti sui loro propri, peculiari e nocivi interessi per tutta la comunità europea. Non ci sono muri né confini per l’umanesimo, l’aria che respiriamo, le acque dei nostri mari. L’energia fossile con le conseguenze sul clima è tra i primi baluardi economici che andranno smantellati. Saprà farlo il Pd? Se chi sa e combatte c’è e resta, insieme ai giovani “dei venerdì per il futuro” (chiamiamoli così in Italia)… e le tante Grete di ogni sesso che abbiamo la fortuna di avere tra noi, è possibile che lo aiutiamo a riprendersi. Io gli do una chance, ancora per questa volta. Ah, dimenticavo, Calenda col suo decisionismo non m’incanta. E’ un manager non un uomo politico. La sua è una finta passione, ha studiato una parte che incarna con convinzione e professionalità direi quasi da familiarità artistica. Ma vedo già che chi lo segue aveva allora la medesima esaltazione per Renzi e ciò mi spaventa. So che il mio voto andrà comunque a lui, ed è anche possibile che in Europa serva un politico con le sue caratteristiche, ma io lo darò a una delle donne che ovviamente sono state giocate contrapposte tra loro e tra le ultime in lista, limpida da sempre nel suo impegno politico sui diritti, in particolare delle donne. Seppure sia giovane è stata sindaco di paese ed è avvocata e consigliere regionale. Tra le vere, poche per la verità, femministe nel Pd: Roberta Mori.
Manuela Fabbri