“Gli amanti di Modena”, i due scheletri ritrovati mano nella mano durante gli scavi del 2009 in una necropoli tardo-antica (IV-VI sec. d.C.) a Modena, spingono contro la storia. Come se il tempo fosse totalmente irrilevante, i due individui sono uniti in una morte che rimane viva per dimostrarci quello che siamo. Anche oggi. L’archeologia gestisce tale paradosso, rilevando il presente e il futuro, nel passato. E gli ultimi studi compiuti da ricercatori e docenti UniMORE e UniBO hanno rilevato che i resti ossei dei soggetti sepolti appartengono entrambi al sesso maschile; un progetto di ricerca che ha usato una tecnica semplice ma innovativa basata sull’analisi proteica dello smalto dei denti. Le analisi genetiche che erano state condotte, a fronte della scarso grado di conservazione della sepoltura, avevano lasciato gli amanti sospesi nel dubbio. Ma il presente ha spinto voracemente contro il passato per svelarci qualcosa in più. E l’atto che ha voluto eternare l’amore, unendolo tra palmo a palmo, ci spinge anche fuori dall’archeologia per fantasticare sul rapporto che potevano avere questi due uomini. Vista la presenza di segni di ferite sugli scheletri limitrofi, l’ipotesi più accreditata porta a pensare che l’area sepolcrale fosse un cimitero di guerra, e che i due compagni potessero essere morti insieme in battaglia per poi essere sepolti sulla stessa tomba. Ma su questa morte che rimane viva per dimostrarci quello che siamo, possiamo anche spingerci sognando ipotesi più romantiche, senza contradire una certezza storica a cui non arriveremo mai. Chi potrebbero essere stati questi due uomini? Magari due giovani e bellissimi amanti che hanno spinto palmo a palmo il loro amore. Perché “QUIS LEGEM DES AMANTIBUS”? (Chi mai può dar legge agli amanti?) “MAIOR LEX AMOR EST SIBI” (L’amore è al di sopra di tutte le leggi) (Boezio). Magari due giovani amanti che hanno spinto contro la loro storia, giurandosi “TU GAIUS EGO GAIUS” (Dovunque tu sia, lì io sarò).
Stefania Bozzo