Se il pittore contadino Pietro Ghizzardi, noto per l’introspezione dei personaggi che rappresentava, fosse ancora in vita avrebbe immediatamente immortalato il volto della deputata Beatrice Lorenzin nella sua tela. Non per evidentemente godere di tanta beltà, ma per indagargli l’animo tormentato, per capirla fino in fondo. “Mi sento una partigiana a difesa della Repubblica” sono le parole che ha pronunciato a Radio Cusano Campus a proposito della crisi politica attuale. E qui serve o un prete che la confessi o un psicoanalista. O bella Lorenzin, “O mamma mia o che tormento”, alla mattina appena alzata “un dur lavoro ti tocca far” (Bella Ciao delle mondine). O bella Lorenzin, ma quanto turbamento. Ma quindi ecco svelato l’arcano, il simbolo del suo partito “Lista Civica Popolare” non è un “fiore petaloso”, uscito da un libro degli orrori della botanica, ma un “fiore partigianoso”. Avrebbe dovuto svelare prima i sui tormenti esistenziali, i suoi alti valori; avrebbe così dato un senso alla sua peonia tanto massacrata. Non che le genti le avrebbero detto o guarda “che bel fior”, ma sicuramente avrebbero tirato fuori il Ghizzardi che c’è nel più intimo sentire, mostrandole interessamento, donandogli una parola di conforto. Che è già meglio che essere gentilmente invitata ad andar lassù, “lassù sui monti”. La deputata ha trovato l’invasor, “una macchietta fumettistica” che ingloba “personaggi capaci di qualsiasi cosa”. La partigiana si sente sotto l’attacco del fuoco nemico, e il “fiore partigianoso” si è già armato di giustizia e libertà. La Lorenzin e la sua peonia sono la Resistenza Italiana. Bella Ciao, noi andiam lassù, “lassù sui monti”.
Stefania Bozzo
Opinioni
17:42 | 14/05/2018 - Dall'Italia