Matisse parla la lingua di Picasso. E le due donne rappresentate nei quadri “Fillette à la corbeille fleurie” (Picasso, 1905) e “Odalisque couchèe aux magnolias” (Matisse, 1923), appartenuti al famoso banchiere Rockefeller e venduti in questi giorni all’asta record di Christie’s a New York, comunicano con uno spirito evoluzionista una sensibilità che s’immerge in un rosaceo piacere attraverso una pittura classicheggiante, espressiva, pateticamente sognante. Per Picasso è il passo indietro prima dello sbalzo che raggiungerà una grande intuizione avanguardista e ultra-pittorica, quel qualcosa che diventerà il “fulcro accademico” del ‘900 e che oggi ha smesso di esistere, consumato dall’avanguardia del tempo. Il periodo rosa, che precede la destrutturazione cubista, si rispecchia in una pallida fanciulla con in mano un cesto di papaveri e che oggi ha un valore di 115 milioni di dollari. Vive un periodo d’oro. Se ai nostri tempi più un artista è all’avanguardia e più è morto, Picasso è vivo ancora prima di nascere e vive quando gli altri sono già tutti morti. Un genio assoluto. E l’odalisca sul divano di Matisse sembra presagire, animata da un’ebrezza che la penetra e che passa dalla mente all’ambiente che la circonda, l’immortalità vibrante dei suoi padri. Così come il suo valore, 80750000 dollari; un nuovo record che illumina ancora di più la luce di Matisse. Luce che dà vita alla sue magnolie; magnolie che profumano il volto di per sé sereno ma senza innocenza della figura femminile. Mentre i papaveri tolgono l’innocenza al nudo di Picasso; il cesto appoggiato sul ventre appena pronunciato della giovane donna erotizza il suo sguardo di per sé scuro e verginale. Papaveri e magnolie impreziosiscono l’arte di un periodo d’oro, che può permettersi di uscire ed entrare dall’avanguardia senza mai consumare il tempo.
Stefania Bozzo
Opinioni
17:27 | 07/03/2018 - Forlì