"Questo è un lockdown anomalo: le auto continuano a circolare, la gente va in giro e vengono varate deroghe per una serie di attività. Intanto le serrande restano chiuse per l'abbigliamento, le calzature e gli articoli di moda nell’indifferenza generale. Il settore è in grande difficoltà e rischia la crisi irreversibile: i cali di fatturato hanno superato il 45% nel corso del 2020 e il trend negativo prosegue anche nel 2021, con la stagione dei saldi invernali che non è riuscita ad invertire la dinamica negativa. Si rischia di veder scomparire imprese e posti di lavoro.
Le continue restrizioni hanno determinato un calo drastico delle vendite e favorito esclusivamente l'online che, come è noto, fa grandi affari, non versa le tasse e non crea valore aggiunto per il territorio. Ricordiamo che il business dell'online è di 30,6 miliardi l'anno e la sola vendita dei beni online è cresciuta del 31% nel 2020 della pandemia, tra cui +5,5 mld per i prodotti, +1,1 mld per il food e +1 mld per l'informatica. Online calano solo i servizi, soprattutto legati alla crisi di turismo e viaggi.
Comprendiamo la necessità di misure di contenimento della pandemia, i cui numeri sono ancora troppo elevati. Ma le regole devono valere per tutti. Guardandoci intorno non comprendiamo come non si possa consentire ai negozi di abbigliamento, calzature e accessori di poter effettuare la vendita, nel pieno rispetto delle norme igienico-sanitarie e contingentando gli accessi in funzione delle superfici. Questo settore, insieme a bar e ristoranti, è quello che oggi sta pagando un prezzo altissimo.
Se non si tornerà presto alla riapertura delle attività, molte di queste non potrebbero più essere in grado di farlo, anche perché i costi di gestione non sono diminuiti e i sostegni promessi appaiono tardivi e largamente insufficienti. Temiamo un risveglio drammatico: le imprese si stanno sempre più indebitando, aumenteranno le sofferenze bancarie e se vogliamo aiutare davvero la ripresa di queste attività occorreranno nuove moratorie e una ricalibrazione di tasse e imposte. Le nostre aziende vogliono lavorare: consentire loro di aprire potrebbe aiutare a dare un segnale di fiducia".
Mirco Pari Direttore Confesercenti provinciale Rimini