“La data del 1° giugno annunciata per la riapertura dei pubblici esercizi è la condanna alla chiusura del settore. Moriranno oltre 50.000 imprese e 350.000 persone in Italia perderanno il loro posto di lavoro. Il paravento della sicurezza sanitaria non regge più davanti a queste scelte. Le aziende del turismo e dei servizi, come quelle del commercio, sono pronte ad aprire in piena sicurezza, rispettando le norme del Protocollo sottoscritto il 24 aprile dalle parti sociali: ogni giorno di riapertura rinviato determina un ulteriore insostenibile aggravio per le nostre imprese, già vicine al collasso. Si conferma la mancata attenzione verso i bisogni delle nostre imprese da parte di un governo incapace di pianificare una “Fase 2” equa e coerente rispetto alle esigenze di tenuta sociale ed economica del Paese. Si ritiene sicuro far ripartire industrie con migliaia di lavoratori ma non le nostre attività, a dispetto anche delle indicazioni che vengono dall’Inail secondo cui i pubblici esercizi sono attività a basso rischio, e del serio protocollo che la categoria ha messo a punto per riaprire in sicurezza. Non possiamo più accettare lo squilibrio evidente di trattamento fra settori economici.
Tutto questo si somma ad un inefficace sistema di sostegni economici che di fatto è una possibilità di contrarre ulteriori debiti, oltretutto assai complicata. Gli indennizzi a fondo perduto e l’esenzione delle tassazioni locali per le imprese rimaste chiuse in questi mesi non sono più rinviabili: ogni giorno di chiusura che passa lievitano solo le spese.
Per questo FIPE – Confcommercio oggi in udienza alla Camera con il direttore generale Roberto Calugi per portare il malcontento dei pubblici esercizi. Per questo abbiamo lanciato la petizione nazionale: apriamo bar e ristoranti il 18 maggio (questo il link per firmare: https://www.change.org/ApriamoBar-e-Ristoranti-il18maggio ) per far vedere la voglia e la necessità delle imprese di riaprire il prima possibile. Le 300.000 imprese di pubblico esercizio con 1,2 milioni di addetti e 46 miliardi di valore aggiunto chiedono di poter riprendere l’attività lunedì 18 maggio 2020 dopo quasi tre mesi di chiusura. Lo chiediamo per noi, per i nostri dipendenti a cui la cassa integrazione non è ancora arrivata e per tutta la filiera più tutto l’indotto, perché la crisi della ristorazione è anche la crisi di filiera. Chiediamo di metterci nella condizione di poter aprire le nostre imprese dal 18 maggio e di garantirci adeguate misure di sostegno per superare questa drammatica crisi.
Se così non sarà, il nostro territorio che vive per la maggior parte di turismo, si ritroverà senza centinaia di attività che hanno sì piccole dimensioni, ma anche la capacità di attrarre flussi turistici e di dare lavoro a tantissime famiglie grazie ad investimenti costanti che ora crollano come castelli di carte. Di concerto con le amministrazioni locali, che si stanno adoperando con grande impegno, si studiano soluzioni che consentano di trovare spazi esterni e tenere vivi così bar e ristoranti, dunque il nostro turismo, e permettere loro di sottostare all’obbligo del distanziamento sociale. Dispiace davvero apprendere che qualcuno però abbia già iniziato ad alzare muri sul delivery in spiaggia, arrogandosi personali esclusive e monopoli.
Ringraziamo la Regione Emilia-Romagna per l’ultimo provvedimento in ordine di tempo che ha stanziato un milione di euro per la messa in sicurezza sanitaria dei pubblici esercizi e le chiediamo, anche attraverso la Conferenza delle Regioni, di sostenere integralmente le nostre ragioni presso il governo e condividere l’impegno di anticipare le riaperture dei nostri settori”.
Gaetano Callà presidente di Fipe – Confcommercio della provincia di Rimini