Il Joker di Joaquin Phoenix salta sopra il film, fluttuando più in alto della sceneggiatura. Il film si arrampica al personaggio. Phoenix è Joker, il cinema l’ha perfettamente rialzato per farcelo vedere. E noi sentiamo la necessità di avvinarci a lui per capire quali piccole o grandi sfortune hanno portato Arthur Fleck alla trasformazione nel famoso antieroe di Batman. Gli giriamo intorno per carpire i soprusi e le delusioni che ha subito, con distacco analitico cerchiamo colpevoli e moventi. Scalfiamo perfino la pazzia pur di ricercare
l’eroe nell’antieroe. E’ una ricerca claustrofobica, drammaticamente calzante, perennemente in tensione; niente è consolatorio. I colori tiepidi di Gotham City, la schiena spigolosa e la risata incontrollata di Arthur, gli interni patinati e sudici sono disturbi ai quali però ci abituiamo, per poi lentamente comprendere che quello che stiamo cercando in fondo è imperscrutabile. Scena dopo scena realizziamo che la vera provocazione è che forse non c’è provocazione. Joker non è un film che parla di eroi o antieroi, è un incredibile spaccato umano e sociale senza la vanità cinematografica di dividere sulla carta il bene dal male. E’ piuttosto un film sul distacco, lo stesso con cui ci siamo presentati al cinema. Ci siamo avvicinati al film, abbiamo alzato lo sguardo per vedere Joker fluttuare, senza nessuna intenzione di arrampicarci a lui, caldi sul nostro sedile. Il film mostra in maniera maestrale tale proiezione sul personaggio. Movente che certo non può giustificare la follia omicida di uno psicopatico come il villain di Batman, ma che fa da specchio a realtà che non ci fanno alzare lo sguardo. Lo alziamo per la spettacolarizzazione, la stessa chiave che ha usato Joker per dimostrarci di esistere. Il talento di Phoenix e l’eccezionale scansione della regia di Todd Phillips hanno reso possibile inizialmente una nevrotica empatia con il personaggio, che piano piano è andata scemando. E’ calata con i tempi giusti, per culminare in un totale distacco nell’incontro finale tra il protagonista e il presentatore di talk show Murray Franklin, interpretato da un frizzante e sempre fenomenale Robert De Niro. Ci distacchiamo dal fatto che Joker finisce per amare la sua folle libertà omicida. Il piacere del male salta sopra quella risata forzata, fluttuando più in alto del suo dolore. Non
possiamo arrampicarci al personaggio, ma tanto non lo avremmo fatto comunque.
Stefania Bozzo