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Opinioni 14:48 | 04/08/2019 - Dal Mondo

Il re di Thailandia e le sue spose, come Cupido e le sue Psiche

Una delle storie d’amore più belle è il mito di Amore (Cupido) e della principessa Psiche perché riesce a celebrare una passione amorosa con una formula conclusiva travolgente, non la celebrazione dell’amore nella morte e nel tormento ma l’annullamento della morte nell’amore.

Cupido è un dio, Psiche una mortale. La loro differente viscerale condizione è superata attraverso l’innalzamento all’immortalità; Amore, pur di non perdere la giovane, la conduce sull’Olimpo e con l’aiuto di Giove la trasforma in una dea. Per amore Psiche ha sacrificato la morte e quella stessa passione ha trovato una formula talmente potente da far
diventare vero quello che sembrerebbe incerto, dubbio, impossibile. I mortali e gli dei possono nutrirsi di sguardi, sbirciarsi, ma niente di più. L’unica opportunità è data dell’escamotage della trasformazione, che si irrobustisce con rituali non comuni tra mortale e mortale o divinità e divinità.

E c’è qualcosa di mitologico anche nelle storie amorose del monarca della Thailandia, re Maha Vajiralangkormm, che ha sposato la sua ex guardia del corpo dopo appena tre mesi dal matrimonio con l’ex hostess della Thai Airways, Suthida. Una poligamia divina che innalza queste giovani donne trasformandole in ancelle regali attraverso il rito della
sottomissione ai piedi della divinità, e relativa benedizione con acqua sacra. Non sappiamo se il re si nutra di una passione sconvolgente rispetto alle sue spose, ma è un dato di fatto che le sceglie mortali per poi trasformarle. Quindi un po’ Cupido è. E anche tali novelle mogli rientrano nel mito perché come Psiche sono bellissime e devono affrontare prove difficili. La più dura: rimanere impassibili sul trono accanto al re che si presta a diventare Amore innalzando un’altra mortale. Ma d’altronde “Ogni amante è un guerriero, e
Cupido ha il suo accampamento”
(Ovidio). Un accampamento di Psiche, s’intende.

Stefania Bozzo