Certo che la libertà può vestire forme anche contradditorie. Negli anni ’40 e ’50 del secolo scorso indossare il bikini ha segnato un’era impavidamente femminile, dove la carnalità incombeva simbolicamente. La bellezza delle donne come riscatto. La semi-nudità che accarezzava il peccato riscattando uno stato interiore, con il due pezzi che rivendicava di riempire forme libere. Una avvenenza incontaminata che nel giro di settant’anni è stata minata dalla libertà del non mostrare. La più importante novità della 98° edizione del Concorso di Miss America, concluso con la vittoria della cantante lirica Nia Imani Franklin (nella foto), è stata proprio l’abolizione della sfilata in costume da bagno. Il Decadentismo del bikini come riscatto. E la sensazione è che questi estremismi liberali segnino una continua irrequietezza di ruolo, rendendo questa nuova era impavidamente ancora più femminile. Un gesto di seduzione di genere; nei concorsi di bellezza maschili non si segnalano di certo indugi nel mostrarsi. Ma ad Atlantic City la prima corona 2.0 ha segnato una rivoluzione nelle regole della gara, molto più attenta quest’anno alla sostanza, una competizione in pratica fra talenti femminili. L’Allegoria dell’Intelligenza che vince l’Ignoranza, con l’Allegoria della Bellezza sullo sfondo. Quindi se una donna bella, talentuosa e intelligente indossasse pure il bikini rischierebbe di mandare in cortocircuito il sistema. Troppo. Il tutto non sarebbe controbilanciabile, quindi secondo l’organizzazione americana meglio il Negazionismo dell’avvenenza. E tale processo se da una parte riempie quella porzione di libertà intimamente femminile di voler celare, dall’altra fa trasparire che un corpo aggraziato e scoperto può immiserire l’Allegoria dell’Intelligenza. La libertà di affrontare quel giudizio allegorico, impavide e in bikini, segnerebbe l’inizio di un pieno femminile Rinascimento. Con l’Allegoria degli Uomini sullo sfondo.
Stefania Bozzo
Opinioni
15:06 | 11/04/2018 - Dall'Italia