Dopo quaranta giorni di domicilio coatto per affrontare la “fase 1” del coronavirus è giunto il momento di pensare alla "fase 2", quella cioè della ripresa economica e poi alla “fase 3” della riconversione. Per fare questo c'è bisogno che chi ricopre incarichi pubblici si assuma la responsabilità delle decisioni. Occorre, dunque, programmare la ripartenza dell'economia, che richiede, quale prerequisito, la manutenzione degli impianti delle aziende e delle strutture turistiche. Non c'è bisogno di una “task force”, ma occorre solo trovare il coraggio delle decisioni in una situazione, ancora, di incertezza.
Prima di tutto occorre che la Regione Emilia Romagna rediga, subito, insieme ai rappresentanti delle categorie economiche ed al Servizio Sanitario, un Protocollo Sanitario" ed un "pacchetto di regole" per impedire i contagi ed evitare agli imprenditori le azioni di responsabilità civile e penale qualora si verificassero, nelle loro aziende, casi di contagio da coronavirus.
Occorre poi predisporre una road map di ripresa delle attività economiche, chiedendo agli industriali, in accordo con le forze sindacali, di eseguire i test sierologici sui propri dipendenti al fine di garantirne la sicurezza, così come sancito dall'art. 2087 del codice civile e di predisporre appositi spazi singoli per consentire ai lavoratori di indossare i dispositivi di protezione individuale.
Per gli albergatori e gli operatori balneari occorre, ora, consentire la ripresa graduale delle attività per ultimare i cantieri e svolgere i lavori di "pulizia" e tinteggiatura delle strutture oltre alla revisione degli impianti. Tutte le attività dovranno essere svolte nel rispetto dei limiti imposti dalle ordinanze in vigore, con l'adozione di tutte le misure di prevenzione, oltre alla diligenza dell'imprenditore.
Per il “Protocollo sanitario” l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha già dettato le linee guida che dovranno essere recepite e calate nelle realtà di ogni singola categoria economica. Il rispetto del “Protocollo Sanitario” sarà indispensabile per garantire la sicurezza agli ospiti e creare così la meta turistica di "Rimini città sicura". E' evidente, bisogna dirlo in modo chiaro, che il rispetto del protocollo sanitario avrà un costo che inciderà in misura rilevante sul prezzo del prodotto turistico, ma tutti devono essere consapevoli che è il solo modo per svolgere le attività in sicurezza e per ottenere sconti sul premio delle polizze assicurative del rischio coronavirus.
Tutti ripetono che "Niente sarà più come prima", ma io credo che questo sia solo un refrain inutilmente pessimista; sono, infatti, certo che, debellato il virus, tutto rientrerà nella normalità. Ma noi commetteremmo un grosso errore se non cogliessimo l'opportunità che la crisi offre di "saltare il fosso", per costruire un prodotto turistico unico al mondo, frutto di una industria che lavori dodici mesi all'anno, compresa la spiaggia.
Per realizzare questo progetto occorre che i maggiori imprenditori, gli istituti di ricerca, i grandi progettisti del Paese, i grandi esperti di marketing e un filosofo (fondamentale in un periodo di pensiero unico come l’attuale) elaborino un progetto che disegni il turismo del futuro e sia idoneo a dare il via, in modo concreto, ad una nuova rivoluzione industriale del turismo riminese e/o della costa emiliano-romagnola.
Da parte dell'Amministrazione comunale, con urgenza, occorre: riscrivere il Rue, abolire la tassa di soggiorno e la tassa di occupazione del suolo pubblico; rateizzare le imposte comunali (scadute e in scadenza) in tre anni e la raccolta rifiuti di Hera (considerati gli alti utili della società) in 60 rate, oltre alla più volte reclamata informatizzazione degli uffici comunali e sburocratizzazione.
In conclusione dobbiamo restituire agli imprenditori la libertà d'impresa accollandoci anche qualche rischio che la libertà comporta .... altrimenti questa sarà la crisi che ci farà andare a sbattere contro un muro ed allora sì che “niente sarà più come prima”.
Marzio Pecci