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Opinioni 16:00 | 09/10/2019 - Dall'Italia

“L’Uomo vitruviano” di Leonardo sospeso dal Tar. Un po’ feticcio, un po’ “Cenerentolo”

Il nostro è un Paese culturalmente feticistico e illogico. “L’Uomo vitruviano”, disegno a penna e inchiostro su carta di Leonardo da Vinci, è custodito più che come un simbolo universale della nostra cultura come un feticcio da tenere al buio, nascosto, in cantina. Possiamo solo immaginarlo nei depositi dell’Accademia di Venezia, sorvegliato ma lì da solo, mentre comunica tra sé e sé, non può uscire, sarà perché è troppo bello. Insomma l’Uomo vitruviano di Leonardo è un po’ un “Cenerentolo”. E quando c’era la possibilità di farlo sgattaiolare fuori dalle segrete del Palazzo per condurlo, come un Principe, alla grande mostra del Louvre arriva il Tar a dargli un doppio giro di chiavi. Ha sospeso infatti il prestito dell’opera dell’artista, favorendo la posizione di Italia Nostra, in attesa della sentenza prevista per il 16 ottobre. E nemmeno lo scambio, frutto dell’intesa tra il ministro italiano e quello francese, con due capolavori di Raffaello (“Il Ritratto di Baldassarre Castiglione” e “L’Autoritratto con un amico”) è riuscito a placare l’ansia negazionista. L’Uomo
vitruviano è un disegno non fragile che può essere esposto in assoluta sicurezza, grazie anche a strumentazioni tecniche che ne garantiscono l’assoluta integrità. Quindi tale decisione è il freno di una istituzione matrigna che gode nell’avere il suo feticcio in cantina. E’ un’azione giudiziaria illogica, che evidentemente vuole convincere che sta difendendo i valori dell’arte (non avendo altro da difendere). Ma dargli voce sarebbe come ascoltare la versione della sorellastra di Cenerentola, che non vuole la bella al ballo per salvaguardarne i preziosi valori. Il nostro è un Paese culturalmente feticistico, illogico e fisicamente territoriale. Lo scambio era con Raffaello, mica con Jacques Le Moyne De Mourgues. Ma un Raffaello oramai emigrato evidentemente è inquadrato come il feticcio di qualcun altro. Ed il Tar sta diventando indirettamente anche la matrigna dell’artista di Urbino, privando la presenza di due straordinari dipinti per le mostre e le feste che si celebreranno in suo onore nel 2020. Visto che in questo caso la politica non ha potere, il ministro Franceschini dovrebbe vestirsi di azzurro e chiamare la Fata Turchina.

Stefania Bozzo