L’ultima sala della sezione dedicata ai “nuovi e vecchi miti di guerra” della mostra “War is over? Arte e conflitti tra mito e contemporaneità”, al Museo d’Arte della città di Ravenna fino al 13 gennaio 2019, sembra allestita da Alberto Angela per uno dei suoi documentari, alla scoperta dell’uomo e delle sue più elementari associazioni mentali. Le parole chiavi nell’arte (della guerra). Un cratere attico del V secolo a. C. con scene epiche unito al celebre quadro “Ettore e Andromaca” di De Chirico: ILIADE. La testa di un legionario romano del II secolo d.C. associata all’ “L’alabardiere” di Rubens trasferito dal Palazzo Ducale di Mantova: SOLDATO. La statua del maestro Yoda di Guerre stellari avvicinata ad una delle più famose frasi di San Paolo “La parola di Dio è più tagliente di una spada”: SPADA. Il Santo, che praticamente suggerisce al Maestro di Star Wars di volare anche basso con quell’arnese innalzato, entra in un contrappunto letterario a sostegno dell’arte diventando protagonista di una delle associazione intuitive museali più trash di tutta la storia della museologia. Una freddura museale che fa rastrellare la guerra, ponendola da un’altra parte, quindi tutto sommato efficace nell’effetto se l’intento era quello di andare oltre. E nonostante la mostra proponga un percorso artistico di due secoli, esponendo artisti importanti impegnati a denunciare gli orrori e la persistenza dei conflitti (per citarne qualcuno: Picasso, Abramovic, Boetti, Burri, Christo, Rauschenberg, Warhol) e quindi spunti complessi per riflessioni sulla tragicità umana, la mente ti porta a razionalizzare l’elementare. Una smania da Quark. Ulisse, alla scoperta delle associazioni mentali più demenziali. E non riesci a staccarti da quel guerriero verde e fantascientifico imprigionato tra santi, l’Iliade, legionari, la Grecia, la pittura fiamminga. Incasellato in un’epica tra più mondi e al contrario, che non muovendosi li richiama tutti in quella stanza. Imprigionato a Ravenna, tutto per colpa della sua spada (e anche un po’ di San Paolo). Thor, per esempio, si è salvato perché c’aveva il martello, ma vai a sapere.
Stefania Bozzo