I fatti e l’amore dell’Italia che va” hanno richiamato martedì sera mille persone in una Piazza Francesca da Rimini gremita in ogni dove. Una piazza calorosa, attenta, partecipe, che si è lasciata trasportare in apertura dalla magia del violino di Federico Mecozzi (accompagnato da Stefano Zambardino al pianoforte e alla fisarmonica, Massimo Marches alle chitarre e all’elettronica, Anselmo Pelliccioni a violoncello e contrabbasso, Veronica Conti al violoncello e Tommy Graziani alle percussioni) e poi dalla squadra di sindaci e amministratori arrivati in giornata da tutta Italia per sostenere la corsa di Andrea Gnassi alla Camera dei Deputati e la sua “lotta per la Romagna a Roma”. Prime cittadine come Daniela Angelini di Riccione, Mirna Cecchini di San Clemente, Franca Foronchi di Cattolica e Alice Parma di Santarcangelo sedute accanto al candidato, ma anche amministratori del territorio, sindaci venuti da fuori provincia e il presidente della Provincia di Rimini Riziero Santi seduti in platea.
Ad aprire la fila, il suo successore alla guida di Rimini, Jamil Sadegholvaad “Andrea è stato il mio sindaco per 10 anni, è bello essere qui in questo luogo che era un parcheggio con le macchine appoggiato a un castello: è una delle tante trasformazioni straordinarie del suo doppio mandato e la passione che Andrea ha avuto nell’amministrare questa città è la miglior garanzia di quello che potrà fare a Roma”. Dopo gli accorati interventi della presidente dell’Assemblea Regionale Emma Petitti (“Ambiente e diritti civili e delle donne sono architravi imprescindibili per noi”) e della consigliera regionale Nadia Rossi (“Quando mi ha chiamata nella prima giunta le uniche cose che mi ha chiesto sono state amore per Rimini e disponibilità a lavorare per la città 24 ore al giorno, sette giorni su sette: so che lui farà lo stesso a Roma per la Romagna”), ad aprire la fila degli ospiti venuti da lontano è stato Antonio De Caro, sindaco di Bari e presidente nazionale dell’Anci .
Con lui il primo cittadino di Firenze Dario Nardella e il sindaco di Bergamo Giorgio Gori.
La chiusura è stata ovviamente del candidato. “Parto da una fettuccia che avevo in mano. Io ero qui dove sono adesso e Jamil lì dove è seduto Filippo Sacchetti, che ringrazio: era notte, qui c’era un parcheggio e volevamo capire se saremmo riusciti a cambiare la città. C’erano infatti anche 900 licenze ambulanti da spostare e a un certo punto era venuta fuori una diffida perché, dicevano, banchi e bancarelle non ci stavano da un’altra parte: per questo siamo venuti di notte a misurare con una fettuccia, abbiamo capito che si potevano spostare e lo abbiamo fatto. Jamil, se ci avessero detto che dopo qualche anno saremmo stati qua con un pezzo di cuore italiano a parlare della nostra Italia in un’arena in cui si fa arte, forse nessuno ci avrebbe creduto” si è rivolto alla platea con un aneddoto emblematico. Oggi sono qui con Antonio, Giorgio, Franco e insieme costruiremo una nuova mobilità all’insegna dell’alta velocità, il corridoio Adriatico che collegherà tutte le nostre realtà e si tradurrà in turismo, porterà gli stranieri a stare qualche giorno in più in Italia: è questo l’amore per il nostro Paese, l’idea di Paese che ho imparato a coltivare da responsabile turismo di Anci Nazionale e che porterò in Parlamento. Noi lavoreremo tutti insieme e utilizzeremo bene il Pnrr, io sono qui a chiedermi se sono abbastanza preparato e se ho studiato bene per farlo al meglio e, chiedendomelo, ho capito perché i nostri avversari vogliono invece rimodularlo: perché non hanno capito niente, visto che quei fondi vanno utilizzati entro il 2023 e se li rimoduli li perdi. Serve serietà, non chiacchiere, il 26 chi ha vinto dovrà governare e bisogna essere esigenti per farlo. Oggi sono stato alle scuole Ferrari, uno dei 10 plessi (tanti quanti gli anni di mandato) che abbiamo realizzato e mi sono venute incontro due famiglie e due bambini: Sebastian, nato qui, e Giovanni con la sua S che sgomma. Studiano già inglese perché noi vogliamo dare strumenti alle persone, studieranno insieme, cresceranno insieme, ma a 18 anni Giovanni avrà la carta d’identità e Sebastian sarà figlio di nessuna terra: anche questo c’è in ballo domenica, si chiama Ius Scholae. E domenica si vota per mettere gli infermieri nei quartieri, per la sanità pubblica che dà il miglior specialista a tutti a prescindere dalla carta di credito, per l’istruzione per tutti, per le donne ancora vittime di un retaggio maschilista: oggi sono andato anche in un Centro antiviolenza e mentre sto parlando qui a Rimini ci sono una ventina di donne chiuse in case protette segrete perché degli uomini vogliono ucciderle e le minacciano. Mi spaventa chi vuole abolire la Legge 194". Per poi salutare: “Se sarò a Roma porterò con me amore, passione e tenacia per questa terra che considero la mia famiglia”.