Se come diceva Enrico Baj “per il patafisico l’idea di verità è la più immaginaria fra tutte le soluzioni” il 59enne pugliese che ha partecipato alla maratona di Londra lo scorso 22 aprile è facilmente identificabile con un patafisico. E il percorso di 21 km in un’ora e 4 minuti è stata una soluzione immaginaria. “Si deve vedere al posto del tradizionale” (Alfred Jarry), e il maratoneta nostrano non si è occupato delle regole ma piuttosto delle eccezioni. Velocità, spazio e tempo hanno rappresentato un’oscura formula dove lo spazio si è accorciato per dar forma, “patafisicamente” parlando, alla gloria dell’ego barese. Che poi è sciocco decifrare in modo univoco un fenomeno quando ne esistono infinite interpretazioni! E’ vero, ha tagliato percorso trovando un’alternativa più breve e ha così dimezzato il tempo nella seconda parte della gara. Ma essere un maratoneta patafisico italiano a Londra non deve essere stato mica facile! Cercare la scorciatoia per dimostrare l’equivalenza dei contrari, manifestare il rifiuto di ciò che è serio e di cioè che non lo è perchè esattamente le stessa cosa, e dimostrarlo in una gara extranazionale fa dell’italiano un eroe della “scienza delle soluzioni immaginarie”. Nella proporzionalità fra spazio, tempo e velocità del maratoneta è la gloria ciò che è vicino a ciò che è dopo la fisica. La gloria della vittoria che ha sacrificato lo spazio fisico per rendere una gara inconcludente paventando il manifesto patafisico dell’italiano furbacchione. Furbacchione e patafisico è un connubio che andrebbe di corsa inventato nel tentativo di criticare il pregiudizio generato da una visione condizionata dall’abitudine delle regole. E gli italiani, in questo, sono all’avanguardia.
Stefania Bozzo
Opinioni
16:49 | 11/03/2018 - Dall'Italia