E’ dopo aver visto “Shark-Il Primo Squalo”, film nelle sale cinematografiche diretto da Jon Turteltaub con protagonista Jason Statham (nella foto), che realizzi di avere un’anima morbosa inclina al male. Di base tifi per lo squalo e non fai nient’altro che attendere per quasi due ore, con sadiche aspettative, la successione dei pasti del killer; in questo caso abnorme e preistorico. Il megalodonte diventa una sorta di eroe negativo, e pagando il biglietto in realtà paghi quella curiosità bestiale di attingere ad uno stimolo umano incline al godimento del terrore e della tortura. E non è la matrice autoironica della pellicola, che di fatto si nutre spesso di battute al limite dell’ascoltabile, a smorzare i toni sanguigni e drammatici di una mega creatura che tutto divora. E’ ininfluente, fastidiosa ma ininfluente. La soddisfazione si attinge al desiderio appagato di uno squalo grande e insaziabile. Se usciti dalla sala fosse rimasto il ricordo di uno shark gracilino, bonaccione e poco vorace di creature umane l’insoddisfazione dello spettatore sarebbe stata evidente. Ma tali monster movie ci indirizzano a godere non della tristezza ma di un sottile sadismo che focalizzi solo alla fine del film, quando ti chiedi insistentemente per quale astruso motivo sei andato a vederlo. E con una panoramica mentale del tempo trascorso seduto davanti al grande schermo quel che rimane di “Shark-Il Primo Squalo” è un’accozzaglia di scene che l’una accanto all’altra si annullano a vicenda; l’effetto domino ti porta a ricordare praticamente solo gli ultimi dieci minuti della pellicola dove l’accozzaglia è umana e asiatica. In una località balneare cinese il mare si riempie di così tante potenziali vittime che la sadica eccitazione arriva quasi al culmine del piacere. E l’idea divoratrice di uno squalo pigliatutto sarebbe diventata estasi se solo il protagonista non ci avesse ricordato che l’eroe è sempre quello buono.
Stefania Bozzo
Opinioni
16:49 | 11/03/2018 - Dall'Italia